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Il degrado degradabile

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Erano chiamati “vespasiani”,  in seguito col termine francese “pissoir”.  Dopo un periodo “aureo”, nel quale erano molto presenti nei centri delle principali città europee,  questi pubblici orinatoi (già quest’ultima espressione sembrerebbe enfatizzarne il concetto di degrado) sparirono nei sottosuoli metropolitani,  sostituiti da bagni pubblici sempre più rari e mal gestiti.

Tuttavia qualche pezzo di “archeologia igienica” resta ancora pienamente visibile in alcune delle piazze italiane. Ė per esempio il caso del “povero” vespasiano di Piazza Castelnuovo a Palermo.

Abbandonato a se stesso da decine di anni, sta lì tristissimo e pieno di rifiuti di ogni tipo, proprio di fronte a quel capolavoro di Teatro che è il Politeama “Garibaldi”.

Turisti e palermitani gli passano accanto ogni giorno ignorandolo;  i primi per rispetto della città che in quel momento li sta ospitando (quante volte a casa di un amico notate distrattamente qualcosa in disordine ed elegantemente fate finta di non aver visto?!),  i secondi per la vergogna che li assale ogni qualvolta un aspetto negativo di degrado tende tristemente ad assurgere a simbolo della nostra Palermo (immondizia, mafia, inciviltà ecc. ecc.)

E purtroppo non è il solo caso di “abbandono” nella zona.

Un altro esempio è riscontrabile a Piazzale Ungheria dove gli spazi del porticato antistanti i retro di una banca e di un’assicurazione, che hanno invece ingressi ufficiali sulla Via Mariano Stabile, sono lasciati in preda al degrado più totale con fioriere di cemento distrutte, terriccio maleodorante sparso sulla pavimentazione e rifiuti di ogni tipo risalenti a vecchi esercizi pubblici ormai chiusi da anni.

Ma si tratta, almeno per noi di Striscia la Protesta, di un degrado tutto sommato “degradabile”, facilmente   eliminabile;  basterebbe poco per far tornare queste location all’originario benessere.

Il vespasiano, per quanto non certo simbolo di attività particolarmente elegante, è pur sempre un “reperto” storico, è adiacente all’ottocentesco Palchetto della Musica della Famiglia Florio, nella seconda Piazza più importante della città (mettendo al primo posto Piazza Verdi col suo Teatro Massimo),  non può di certo essere lasciato più in questo stato!

Un sommario ripristino dei luoghi a cura del Comune e una successiva assegnazione della gestione del bagno pubblico ad una cooperativa  di  giovani potrebbe risolvere definitivamente la questione.

Per quanto riguarda Piazzale Ungheria, se il Comune non è in grado di sostenere l’onere economico per un rapido ripristino del luogo ed una periodica pulizia dei marmi della pavimentazione, potrebbe demandarne l’obbligo alle due società che esercitano sul posto… è inconcepibile che queste curino attentamente il lato principale su Via Mariano Stabile con gli ingressi ufficiali al pubblico e si disinteressino totalmente del retro su Piazzale Ungheria. A quella banca ed a quella compagnia assicurativa (ma anche quest’ultima poco tempo fa era una banca) l’onore di stare nel salotto di Palermo, ma anche gli oneri di garantirne una presenza dignitosa a 360 gradi.

Autore dell'articolo: admin

3 commenti su “Il degrado degradabile

    Francesco M Scorsone

    (01/08/2012 - 13:15)

    Il commento sarebbe lunghissimo a cominciare da chi gestisce la cosa pubblica di questo comune e per finire al turista che non si “schifia” denunciando ai propri giornali (spero tedeschi) lo stato di degrado di questa città.
    Tanto per non fare paragoni con altre città siciliane ma sicuramente Palermo è tra le peggiori amministrate.
    Si dirà è colpa della precedente amministrazione o non so che altro.

    Francesco M Scorsone

    (01/08/2012 - 13:57)

    La cosa che mi sconcerta di questo blog è la completa assenza di commenti anche se mi pare essere letto. Ho l’impressione che la gente aspetti o meglio si aspetti qualcosa che purtroppo non arriverà mai.

    admin

    (01/08/2012 - 14:00)

    Nulla da obiettare sulla tua osservazione diretta all’articolo sul degrado urbano.
    Per quanto riguarda i commenti su “Striscia la Protesta” invece c’è da dire molto:
    Intanto la tua (sacrosanta) analisi si riferisce probabilmente alla pagina di Striscia la Protesta su Facebook. Il vero blog, chiamato proprio così perché indipendente da qualsiasi commistione con i social network, è all’indirizzo http://www.striscialaprotesta.it ; quello su Facebook è solo un clone alleggerito che siamo costretti a mantenere perché la facebookmania ha ormai obbligato l’umanità (per non essere “out”) ad essere presente su questo immenso calderone, che spesso duplica dati e interi siti già esistenti su internet. Sul blog originale (fuori da Facebook) i commenti sono 100 (compreso questo tuo); sono sempre pochi su 147 articoli, ma in questo caso subentra il fenomeno della “osservazione silenziosa” tipico di un certo target di utenti che legge, riflette, ma tiene per se le proprie osservazioni perché non vuole esporsi al resto del pubblico.
    D’altra parte in giro i commenti validi, di chi invece vuole partecipare al confronto, sono ben pochi (fatta esclusione per pochi blog leader come quello di Grillo). Tranne una minoranza, della quale tu fai parte, che interpreta gli articoli con sincera partecipazione e capacità di giudizio, si assiste, specialmente su Facebook, ad una babele di micro-commenti come:“Uhh!! – Ahh!! – Che bello! – Sono d’accordo! – Già!! che poi fanno il verso al celebre “mi piace” che ha fatto la fortuna di questo social network.
    Sintesi va bene, ma inutili cazzate no! Noi di Striscia la Protesta preferiamo non avere di questi commenti.
    Se tuttavia vai al blog originale http://www.striscialaprotesta.it (proprio questo dove stai leggendo il commento) troverai per questo articolo ben 33 “mi piace” e tre commenti relativi a questo nostro breve dialogo. Le statistiche delle letture risultano invece altissime, basta andare a vedere la pagina Top20 dei venti articoli più letti in assoluto (ce ne sono 3 che hanno superato le 12.000 letture). Noi di Striscia la Protesta siamo contenti già così. Lavoriamo su una sorta di servizio offerto ai cittadini, puntiamo più all’interesse sincero che non a fittizi riscontri statistici.

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