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I procrastinatori

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Il termine deriva dal latino “procrastinare”, composto di pro = avanti e cras –crastinus = domani, significa letteralmente rimandare al domani.

Il più famoso procrastinatore fu Fabio Massimo detto, appunto, il Temporeggiatore (in latino Cunctator), che guidò l’impero romano dal 223 al 209 a.C.

Il sostantivo deriva dal verbo “cunctor” che significa “indugiare, esitare, temporeggiare”. Questo appellativo gli fu dato perché puntò con la sua tattica militare di guerriglia a stremare Annibale, anziché affrontarlo “in vere e proprie battaglie” dall’esito incerto.

La donna più famosa, nella mitologia greca, è stata Penelope che, nonostante trascorsi venti anni, riuscì a resistere alla corte pressante dei Proci che la volevano in sposa (il marito, Ulisse, era “disperso”) promettendo che avrebbe scelto il nuovo consorte il giorno in cui avrebbe finito di tessere una tela.  In realtà, Penelope di giorno, davanti agli occhi di tutti, tesseva la tela ma la notte, segretamente, la disfaceva!

Nelle aziende sempre più s’incontrano questi “abili” mega dirigenti. Rimandano sempre, anche gli appuntamenti, utili al confronto per puntualizzare fatti e situazioni, per trovare possibili soluzioni, ma, è noto a tutti, se un problema esiste, devi pur “rappresentarlo”, più tardi lo rappresenti, più tardi lo affronti e provi a risolverlo e, nel frattempo, gli eventi potrebbero “precipitare”, amplificando l’originale problema rendendolo magari irrisolvibile.

In psicologia il fenomeno è studiato perché potrebbe nasconde anche una vera e propria patologia dove, spesso, chi non assume una decisione ha una scarsa autostima e prova un sentimento di mortificazione.

Tra le varie tipologie di “temporeggiatori” abbiamo il “perfezionista”, non accetta compromessi, è molto competitivo, non delega, ha una cura maniaca del dettaglio che lo porta, inevitabilmente, a far trascorrere troppo tempo. Ha paura di fallire e non è in grado di conoscere tutte le possibili evenienze che possono accadere.

C’è, poi, chi ha un’eccessiva paura della “disapprovazione”, ritiene erroneamente che i giudizi siano rivolti alla persona e non alle sue azioni, e con questa paura temporeggia.

Chi, invece, ha paura del “nuovo”, ha presagi “catastrofici” e preferisce la nota mediocrità del presente.

Altro esempio, forse fra i più “bizzarri”, è di chi rigetta nel tempo qualsiasi richiesta (anche se a lui conveniente) per affermare una sua presunta autonomia nelle decisioni (decido io quando voglio io).

Alcune forme di “procrastinazione” meritano, però, maggiore comprensione, pensiamo a chi teme, con il suo successo, di mettere in difficoltà altre persone o a chi pensa di non meritare questo successo (la sindrome dell’impostore), questi però sono casi molto rari.

Nelle aziende il procrastinatore, che non tolleriamo proprio e di cui vogliamo fare riferimento, è chi, invece, “volontariamente” (in diritto penale “dolosamente”) vuole guadagnare tempo per continuare nel suo “produttivo” (per sé e per l’azienda) immobilismo. Consapevole del fatto, come sostiene nel suo libro “L’esistenzialismo è un umanismo” Jean Paul Sartre, che “Ciò che non è assolutamente possibile, è non scegliere”, decide di…perdere tempo!

Quali sono le sue “caratteristiche”? È molto sicuro di sé (contrariamente al caso clinico), molto razionale, vero stratega, riesce ad avere sempre un alibi di ferro per giustificare la sua immobilità. Promozione? Carriera? Premio? Indennità di trasferimento? C’è tempo… Intanto, più tardi lo faccio più risparmio, non solo, tengo sulla corda i malcapitati di turno che nella speranza che siano accolte le loro legittime richieste continuano a lavorare più di prima anziché mollare.

Tre, invece, sono i principali punti di forza del “Cunctator”: ha una grande competenza cognitiva, negoziale e immaginativa. La competenza cognitiva risalta durante il semplice colloquio con il suo interlocutore, infatti, “in contemporanea”, analizza con cura tutti i pro e i contro di una decisione immediata, prendendo tempo: mentre parla e ascolta, domanda e risponde ha già deciso di rimandare il “problema”.

La competenza negoziale gli permette di trovare un “compromesso temporale”, un’alternativa, dove, in apparenza, nessuno è perdente (tranne il tempo…) in situazioni spesso poco conciliabili. La competenza immaginativa è la sua arma vincente perché riesce sempre a prefigurarsi mentalmente la possibile reazione alle sue scelte e laddove questa reazione sia poco “produttiva”, per lui, centellina nel tempo le sue decisioni.

Come smascherarlo? Il professor Richard Wiseman dell’università americana sostiene che chi non dice il vero inventa situazioni mai accadute e, quindi, per evitare smentite immediate non fa riferimento a fatti, dove è direttamente coinvolto.

Se il vostro interlocutore dice “Ne parlerò con…” oppure “Non sono io a decidere ma vedrò cosa posso fare…” avete davanti un “Cunctator”.

Autore dell'articolo: Giuseppe Angelini

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