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L’uscita dall’euro sarebbe la nostra salvezza?

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Si è generato un interessante dibattito sulla nostra pagina Facebook in occasione della raccolta di firme del Movimento 5 Stelle in merito alla possibile uscita dell’Italia dall’euro-zona.

Un lettore ci ha prospettato, ma la sua è certamente una opinione piuttosto diffusa fra gli italiani di buon senso, scenari catastrofici conseguenti all’abbandono unilaterale della moneta unica. Questa paura è pienamente giustificata soprattutto perché l’opinione pubblica da anni viene martellata da messaggi subliminali e non che ci fanno apparire questa scelta come un “tuffo nell’abisso”, come ci ha continuamente ripetuto il presidente della repubblica nelle sue reiterate esternazioni pro-europeiste (le nostre, contrarie alle sue, vengono etichettate invece dallo stesso napolitano come “populiste”).

Il primo punto segnalato dal lettore è legato alla restituzione del debito pubblico che restituito in lire potrebbe apparire, ad un esame sommario della questione, una vera e propria montagna impossibile da scalare.

Il problema principale, proprio quello che è stato utilizzato dall’unione monetaria e dal fmi come un cappio per strangolare la nostra economia, non è tanto il debito di per sè, ma quell’obbligo assurdo di restituirlo in tempi ristrettissimi penalizzandoci pure con sanzioni onerosissime nei casi di inadempienza. Chi conosce un minimo di economia sa benissimo che le aziende che lavorano di più (e in fondo uno stato è una sorta di enorme azienda) utilizzano continuamente e senza alcun limite temporale le scoperture bancarie; è proprio l’obbligo del rientro totale dal fido applicato, imposto da certe banche, che mette in crisi le aziende, non la presenza della scopertura, proprio come nel caso dell’Italia col suo debito pubblico che bce ed fmi, da veri usurai, pretendono di farci azzerare……. non c’è alcun motivo reale per farlo in tempi brevi! Inoltre come si può imporre ad una azienda di rientrare dalla sua scopertura bancaria e contemporaneamente di aumentare la propria crescita sul mercato? È razionalmente impossibile, eppure ci viene richiesto proprio questo.

In ogni caso, tornando in possesso della nostra valuta, in assenza di paletti, vincoli, regole e sanzioni imposte dalla strangolante egemonia europea, non dovremmo avere difficoltà a crearci liquidità per restituire CON I NOSTRI TEMPI (assurdo pensare di restituire in soli 5 anni ciò che si è accumulato in 50) il nostro debito pubblico per quanto con una lira svalutata. Svalutazione, questa, avvenuta proprio per “abbracciare” il mostro “euro”; lo stesso prodi che ci ha buttati in questa follia, in una recente intervista ha ammesso candidamente che la lira, per passare all’euro, è stata svalutata del 600%.

C’è anche da dire inoltre che gli interessi che paghiamo per il nostro debito pubblico sono una minima frazione rispetto a quello che andremmo a rimetterci per onorare il fiscal compact (oltre 30 miliardi l’anno) e le assurde sanzioni (minimo 5 miliardi l’anno) nel caso non dovessimo rispettare gli assurdi “paletti” imposti dal giogo indegno dell’unione monetaria europea.

Ci sembra buona la proposta del nostro lettore di “addebitare” economicamente i politici incapaci per i danni che hanno causato al nostro paese gettandoci in pasto “alle belve” dell’unione monetaria senza neanche chiedere al popolo che ne pensava (es. il citato prodi, amato, napolitano, ma anche molti dei vecchi politici che hanno iniziato a far lievitare il nostro debito pubblico già dagli anni ’80), ma purtroppo appare un’utopia irrealizzabile … in Italia i politici e amministratori pubblici non hanno mai pagato con congruità per le loro scelte sbagliate, insensate e talvolta persino indegne (ricordiamo poggiolini e la di lui consorte che per lo strazio delle tangenti nella sanità e le migliaia di morti per trasfusioni di sangue infetto da loro autorizzato a “circolare”,  ebbero sequestrati beni per 39 miliardi di euro per poi essere condannati nel 2012 a restituire allo stato italiano solo 5 milioni con la restituzione agli eredi di quanto tolto in precedenza. Inoltre i due scontarono la pena “carceraria” interamente ai domiciliari).

Tutte queste paure di scappare una volta per tutte da questa terribile trappola della moneta unica, per quanto giustificate, non sembrano fondate perché peggio di come siamo messi ora non potremo sicuramente stare dopo il ritorno alla cara indimenticabile LIRA.

Per non apparire comunque presuntuosi e supponenti, riportiamo di seguito uno stralcio da un articolo di Enrico Grazzini nel quale vengono citate le opinioni al riguardo dei due economisti Emiliano Brancaccio e Alberto Bagnai: << Che cosa infatti potrebbe accadere se l’Italia uscisse dall’euro dipenderà dalla politica del governo italiano, dalla sua volontà e capacità di manovra, e dipenderà dalle alleanze internazionali. Cambierà tutto se la rottura dell’euro sarà in qualche maniera concordata con la UE e con la Germania o se invece sarà del tutto unilaterale; e se la mossa italiana avrà in qualche modo il consenso o anche solo la neutralità delle potenze globali o regionali extraeuropee, come gli Usa, la Cina, la Russia (e le grandi potenze private, le banche d’affari come JP Morgan e Goldman Sachs e i fondi speculativi) o se invece le grandi potenze saranno contrarie. Quindi la risposta esatta alla domanda “che cosa succederebbe se uscissimo dall’euro” è semplicemente: dipende.
E’ chiaro che l’Italia, come potenza industriale e manifatturiera con una naturale vocazione esportatrice, in teoria potrebbe più di altri paesi beneficiare dall’uscita dall’euro e dalla conseguente svalutazione della sua ritrovata moneta nazionale. Nella situazione in cui si trova l’Italia, di avanzo di bilancio pubblico e di bilancia commerciale in attivo o in sostanziale pareggio, il nostro paese non avrebbe un urgente bisogno della finanza internazionale e della BCE per sopravvivere e prosperare. I nostri problemi derivano innanzitutto dalla necessità di finanziare la montagna di 2300 miliardi di euro di debito pubblico verso l’estero con le tasse dei cittadini o con i tagli di spesa.
Senza il peso del debito pubblico verso l’estero – che è stato emesso secondo le leggi italiane e che quindi potrebbe essere riconvertito abbastanza facilmente e legalmente in moneta nazionale – non ci sarebbe bisogno di aumentare il deficit: e nessuno proporrebbe di aumentare le tasse o di tagliare selvaggiamente la spesa pubblica nazionale che è minore della media europea. Con la svalutazione della nuova lira, secondo l’economista Alberto Bagnai, l’economia diventerebbe più competitiva, gli investimenti e la produzione riprenderebbero, l’occupazione nel medio termine riprenderebbe a crescere. Alla fine anche i redditi di lavoro aumenterebbero, dopo la svalutazione iniziale. In questo senso l’ipotesi di uscire unilateralmente dall’euro ristrutturando i debiti verso l’estero avrebbe un senso economico apparentemente positivo.
La svalutazione della lira non sarebbe una disgrazia o un fatto vergognoso, come molti economisti anche di sinistra ci dicono: infatti tutti i paesi, Usa, Giappone, Cina ecc, stanno svalutando la loro moneta per recuperare competitività sul piano internazionale e crescita sul fronte nazionale. La svalutazione non è un peccato di cui vergognarsi: è solo un riallineamento dei prezzi verso l’estero.>>

Autore dell'articolo: admin

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