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L’europillola non va giù? Basta un poco di zucchero

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Avrete certamente notato in questi ultimi mesi la ripetuta messa in onda in tv di spot governativi che “benedicono” la creazione della comunità europea, specialmente sulla rai.

La stessa operazione di “lavaggio del cervello” è risultata funzionale alla fine degli anni ’90 alla forzata imposizione da parte governativa del cambio di valuta nazionale (dalla lira all’euro).

All’epoca, un po’ dovunque, sono stati diffusi video, slogan, pubblicità sociali inneggianti alla unificazione degli stati del vecchio continente sotto un’unica bandiera: l’euro. Questi interventi persuasivi si manifestavano soprattutto nelle scuole, per poter “lavorare” meglio sulle menti delle generazioni più giovani e più facilmente permeabili al convincimento indotto. L’unificazione dell’europa veniva sempre presentata come soluzione taumaturgica contro qualsiasi rischio di guerra interna fra gli stati dell’unione e questa tecnica è risultata vincente per convincere la maggior parte degli europei ad accettare supinamente le decisioni di pochi politici responsabili dell’intera “operazione”. Ma la cosa grave è che la volontà di generare soprattutto una moneta comunitaria ufficiale, nella maggior parte delle nazioni continentali, è stata strumentalmente miscelata con quell’unità di intenti e di politica comune che avrebbe dovuto costituire la vera base di quella unione del sistema politico presentata come fratellanza europea e di pacificazione fra popoli troppo spesso in guerra nei secoli scorsi.

La gente si è quindi convinta che entrare nella “euro-zona” (gruppo di nazioni all’interno dell’ue che adottano l’euro come valuta ufficiale) significasse “pace eterna” e “serenità sociale”, proprio l’opposto di quello che poi invece è accaduto per le nazioni più deboli dal punto di vista economico che sono state “attaccate” dalla comunità in una nuova sorta di “guerra economica” destabilizzante per le singole sovranità territoriali.

Chi ci ha “saputo fare”  sono state alcune nazioni (danimarca, gran bretagna ecc.) che hanno mantenuto la loro valuta nazionale pur sedendosi ugualmente sugli scranni del parlamento di bruxelles. La svizzera invece, come sempre, si mantiene neutrale in qualsiasi evento storico per ricavarne i conseguenti vantaggi e risulta pertanto un’isola territoriale (felice) perfettamente al centro della comunità. In tutto solo 18 nazioni (oggi 19 con la lituania subentrata il 1° gennaio 2015), sulle 28 che costituiscono i membri dell’unione, si sono impelagate nell’euro-follia.

Ebbene, oggi, in seguito alle note vicende della grecia, la comunità europea teme che una eventuale fuoriuscita dall’euro-zona della nazione greca possa innescare un effetto domino che faccia credere ad altre nazioni in crisi economica di potersi accodare nell’euro-rifiuto, rompendo così il “giocattolino” economico che tanto potere ha concesso ai paesi finanziariamente più forti e pertanto dominanti su tutte le altre economie, proprio come la germania merkeliana.

Allora si ritorna agli spot televisivi della fine degli anni ’90, al “lavaggio del cervello” della gente meno dotata di capacità di analisi e/o meno “informata sui fatti”. Brevi filmati in cui l’europa fallimentare e “madre di tutte le crisi” viene presentata come necessità assoluta per il mantenimento della pace; una forma di terrorismo psicologico che nulla ha a che invidiare a quello di certi estremismi religiosi.

Un portavoce della commissione europea ha persino “avuto il coraggio” di manifestare la contrarietà della troika in tal senso con una frase che sembra uscita dalla bocca del protagonista del noto film “Il padrino“, una vera e propria espressione malavitosa:  “l’appartenenza all’euro è irreversibile“, proprio come il bacio di affiliazione alla mafia. Secondo questo concetto chi esce è un “traditore”, non un tradito che tenta di salvarsi dall’abbraccio mortale degli altri “membri” della cosiddetta comunità monetaria.

Vedremo il prossimo 25 gennaio come andranno le elezioni in Grecia, ma di una cosa dovrebbero comunque prendere coscienza sia la troika (bce, fondo monetario internazionale e commissione europea) che il parlamento di bruxelles: rigore e austerità non potranno più essere accettati passivamente dalle popolazioni europee più tartassate e insistere su questi vincoli usurai e, ancor peggio, su sanzioni che possono risultare il classico “colpo di grazia” per le economie più asfittiche, può solo risultare una pericolosissima miccia accesa su una situazione diventata esplosiva proprio per quel sistema di potere che vorrebbe sopravvivere a tutti i costi.  A nulla potranno ancora valere le minacce stile “bravi di Don Rodrigo” degli “euro-incalliti” o i terrorismi psicologici da setta religiosa diffusi dai mezzi di comunicazione filo-europeisti;  in fondo quella dell’euro è risultata una nuova religione, anzi una setta economico-finanziaria che utilizza queste forme di terrorismo per mantenere il potere conquistato in questi ultimi quindici anni.

Allentare la “pressione” e abbandonare l’idea di conquistare con l’arma dell’euro le sovranità di nazioni importanti come l’Italia o la Grecia potrà servire al mantenimento del sistema monetario europeo e a far defluire un po’ della sacrosanta “furia populista” accumulatasi pericolosamente negli ultimi anni, persistere invece nell’attuale folle disegno coercitivo, prima o poi, farà saltare il tappo.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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