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La pubblicità ci distruggerà

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La pubblicità è l’anima del commercio“, si diceva qualche tempo fa ai tempi di “Carosello” nella tv di mamma Rai; ma ora i tempi sono cambiati: mamma Rai è diventata una “pappona”, Carosello è diventato “bordello” e la pubblicità è uno strumento di persecuzione dei commercianti … “all’animaccia loro”.
Di pubblicità non se ne può più, tracima da tutti i lati, straripa dai televisori, dai telefoni fissi e mobili, dalle cassette della posta, dagli schermi dei cinema, prima e durante la proiezione dei film; ci riempie di proposte commerciali con miliardi di volantini messi dovunque da zelantissimi distributori pagati quattro soldi per un lavoro demenziale, ci avvilisce la vita con stupidissime telefonate che giungono a qualsiasi ora del giorno e della notte, anche tramite apposite registrazioni pianificate.
È un magma informe che si estende incessantemente viscido e purulento in ogni settore della nostra società, come quel celebre fango denso protagonista di uno dei premi film di fantascienza-horror nella storia del cinema: “Blob, fluido mortale“.

 

Di pubblicità non se ne può più, ti ritrovi ogni giorno coloratissimi pezzi di carta attaccati sul vetro della tua auto bloccati dal tergicristallo che, alle prime piogge, si spalmano come la crema solare su quello che dovrebbe essere il tuo contatto fra l’interno dell’auto e il mondo esterno; a quel punto, fra l’acqua che cade dal cielo, il tergicristallo che nitrisce per lo strazio che prova nel trascinare quel malloppo di carta fradicia sul vetro bombardato dalla pioggia e i vapori acquei prodotti nell’abitacolo dal tuo respiro affannoso, la visibilità si azzera e l’auto diventa ingovernabile.
Ma a cosa sono serviti dunque quei volantini, messi a decine sotto il tergicristallo della tua auto, se non a farti bestemmiare in aramaico antico quando hai dimenticato di rimuoverli prima di partire?
In pratica non li legge nessuno, passano automaticamente dalla tipografia al cestino dei rifiuti, quando gli va bene, ma i cosiddetti “imprenditori” continuano a spendere milioni di euro in stampa e distribuzione per questo inutilissimo materiale pubblicitario.
E la cosa si ripete giornalmente nelle cassette postali, sempre stracolme di insulsi cataloghi di prodotti alimentari o elettrodomestici in vendita presso le decine e decine di centri commerciali che hanno ormai invaso il tuo quartiere sostituendosi ai vecchi piccoli negozi di una volta. È sempre la stessa roba, fotografata in “pose” diverse per risultare forse “più sensuale” agli eventuali acquirenti e con costi che si differenziano magari di soli 2 o 3 centesimi l’una dall’altra, ma volete mettere il carisma di una “occasione” presentata come l’affare dell’anno?

E lo stesso vale per il telemarketing, una sorta di “accanimento informativo” perpetrato impunemente da tutti i call center, nonostante i divieti previsti nella tutela della privacy dalle leggi in vigore e la creazione di appositi strumenti, come il “registro delle pubbliche opposizioni“, che vengono tuttavia regolarmente ignorati dai responsabili delle aziende di servizi telefonici.
Gli abusi in tal senso si contano ormai a milioni in tutto il nostro Paese, in particolare le linee fisse (13 milioni in tutt’Italia), quelle più esposte agli elenchi telefonici ufficiali e al merchandising dei dati sensibili, vengono quotidianamente tempestate da numeri enormi di contatti telefonici, statisticamente almeno due/tre al giorno per ogni famiglia, senza contare la nuova “frontiera” delle telefonate automatiche pre-registrate che ti arrivano pure nelle ore notturne.

Ma i 95 milioni di abbonati alle linee mobili non possono neanche usufruire di un apposito Registro delle Pubbliche Opposizioni (per quanto poco possa servire) perché ancora non istituito per la telefonia cellulare.
Centina di migliaia di utenti hanno perfino raccolto le firme necessarie per presentare un’istanza pubblica alle istituzioni di pertinenza per mettere fuori legge questo tipo di persecuzioni.

Anche chi vi scrive ha sottoscritto la petizione. Il telemarketing in Italia ha iniziato a diffondersi già dal 1998, e, a meno di truffe (se ne sono registrate a migliaia in questi anni), è risultato sostanzialmente un fallimento. Vedrete però che anche se la petizione sarà sottoscritta da milioni di utenti le cose resteranno così, perché i call center minacceranno i licenziamenti degli operatori.
Il solito ricatto economico azzererà qualsiasi iniziativa che possa regolamentare meglio la materia, così come è stato per le trivelle e come sarà per il “no” alla riforma della costituzione (ricatto degli Usa che minacciano di non investire in Italia).
Il lavoro dei nostri giovani sta diventando un’arma di ricatto per gli imprenditori e le aziende senza scrupoli, le uniche che forse riescono ancora ad essere interessate a questo genere di attività ormai detestata dall’intera popolazione italiana, fatta eccezione ovviamente per chi lavora nel settore e per i titolari dei call center che, fra un raggiro e l’altro e uno sfruttamento e l’altro dei propri dipendenti (spesso reclutati all’estero per costare meno) riescono ancora a percepire discreti guadagni da questo settore.

La presenza di interessi pubblicitari sta alterando tutte le attività pubbliche e private dell’intero pianeta; pensate allo sport, a tutte le assurdità introdotte dagli sponsor e dai diritti televisivi, che girano attorno al valore di mercato dei passaggi pubblicitari, nell’organizzazione di grandi eventi nell’intero mondo del calcio, che sono giunti ad alterare perfino lo svolgimento dei campionati nazionali (pianificati con la tecnica “a spezzatino” tanto odiata da tifosi, giocatori, giornalisti e presidenti delle squadre) e, chissà, forse la loro stessa regolarità e i risultati finali.

Insomma la “pubblicità” è diventata “l’animaccia” nera del commercio, un demone da inferno dantesco asservito al mercato globale, con il potere magico dell’ubiquità e l’aggressività e la determinazione di un esercito di marines … che Dio ci salvi dalla pubblicità!

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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