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A Latina si cambiano i nomi ma resta l’incuria

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L’Italia è allo sbando e Latina non è certo da meno.

La marina è abbandonata al proprio destino, la città è sporca, decadente, insipida, carente d’infrastrutture e priva da un secolo di quei collegamenti che la potrebbero rendere un tantino “dignitosa”, almeno per i parametri del Burundi o della Repubblica Centrafricana.

Eppure s’impiegano risorse ingenti, in termini mentali, dialettici e di tempo, per cambiar nome a un Parco comunale che assomiglia ormai a una discarica a cielo aperto, se non fosse che anche molte discariche sono gestite quotidianamente e il parco di Latina no. E lo intitolano “Falcone e Borsellino“, dopo mesi di scontri ideologici e dialogici da far invidia a Totò e Peppino (o a Don Camillo e Peppone, se preferite), perché si sa che Latina è stata sempre il fulcro della lotta antimafia, soprattutto quella a “Cosa nostra” degli anni ’80 e ’90.

Così, giusto per rimanere nell’anonimato più assoluto, e per far sì (perché questa era la priorità assoluta, hanno dichiarato “importanti” esponenti del nuovo corso politico rubati alla coltivazione dei cocomeri) che sparisse per sempre il cognome Mussolini.  

Giovanni e Paolo, secondo me, da ore si stanno spanciando dalle risate, chiedendosi l’un l’altro dov’è Latina e che cazzo c’entrano loro due con una città che, evidentemente, non possiede altri nomi “propri” per rendersi visibile e un po’ meno impersonale. E c’è persino chi oggi esulta per questo, per l’ennesimo funerale postumo al cognome Mussolini, per il tempo sprecato invano, per Falcone e Borsellino, benché nel frattempo la città puzzi, evapori, sia pronta a sparire persino dalle rotte del Google Maps.

Del resto, “allatinare” nel dialetto siciliano vuol dire “insegnare, informare“, quindi la città di Latina si è voluta caricare dell’onere di indottrinare il Centro-Italia sulle figure di due eroici siciliani intitolando loro il parco comunale, anche se in condizioni penose … alla faccia dell’insegnamento e del rispetto per i due magistrati.

 

Autore dell'articolo: Alessandro Vizzino

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