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La rabbia è degli animali malati, non dell’uomo

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Dobbiamo imparare a non gridare, a non “sgarbiare“, a non farci venire l’infarto per quell’assurda rabbia che si impossessa di noi solo perché qualche altro possa pensarla diversamente.

I social avrebbero dovuto favorire e divulgare gli scambi di idee, ma poi hanno finito con l’ostacolarli, se non impedirli totalmente.
Perché ormai ognuno di noi si ritiene “unico padrone e solenne divulgatore della verità assoluta“, tutti quelli che non condividono ciecamente ciò che pensiamo noi o i nostri “pupilli” diventano così capre, ignoranti, arroganti e presuntuosi, e noi, che in realtà siamo sullo stesso piano, ci stimiamo sempre “esseri superiori”, veri e propri “dei” che non possono sbagliare.
Riprendiamoci la capacità di ascoltare, di riflettere, di soppesare anche il pensiero altrui, di rinunciare ai facili like e all’inutile protagonismo che i media e i social hanno tanto esaltato. Dante, già all’epoca sua ancora priva di Facebook e delle diarroiche performance di Sgarbi, aveva collocato gli iracondi e gli accidiosi nel quinto cerchio dell’Inferno nel quale venivano costretti a sospirare e fare gorgogliare l’acqua in superficie ripetendo, come in un ritornello, una frase che riassumeva il loro peccato; viene il serio dubbio che Sgarbi sia in realtà una reincarnazione di una delle fonti ispiratrici della Divina Commedia, forse Dante lo conosceva pure, chissà! Certo che in quel quinto cerchio dell’Inferno non possiamo che immaginare d’istinto il celebre Vittorio intento a fare gorgogliare l’acqua del suo cesso con le sue “immense stronzate” da iracondo impenitente che ripete per l’eternità quel ritornello attribuito come sua specifica condanna ultraterrena: “capra, capra, capra, capra ....”.
Si è anche fatto abuso della frase: “io sono sereno“; l’abbiamo sentita pronunciare di continuo da politici bugiardi, corrotti o semplicemente falliti, delinquenti in attesa di giudizio, intrallazzatori della peggiore specie.
La serenità è diventata ostaggio della falsità, una maschera che vorrebbe nascondere la rabbia di essere stati scoperti. Purtroppo però la serenità non è più di nessuno, l’abbiamo preferita all’isteria e all’iniquo rancore pur di ritagliarci un piccolo spazio all’interno dell’immenso palco della “viralità” dei video nei social network.
Ritorniamo a riflettere prima di urlare, a non aggredire chi non ci aggredisce, a rispettare il pensiero degli altri purché questi ultimi siano capaci di rispettare il nostro; la ragione non è dalla parte degli arrabbiati pretestuosi, anzi sembra proprio fuggire via da tanta dissennatezza.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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