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E’ peggiore il male o l’antimale?

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Come per tanti altri casi il “male” finisce per favorire i business del “bene“.
 
E’ l’eterna contrapposizione di yin e yang come nella filosofia cinese, ma troppo spesso “l’uno positivo” finisce col risultare peggiore “dell’altro negativo”; ricordate: mafia e antimafia, covid e anticovid, crisi dell’edilizia e 110%, mancanza del lavoro giovanile e call center, migrazioni e sfruttamento ecc. ecc.
 
Ora, ovviamente, all’inquinamento ambientale si sta opponendo il business del “green” fasullo.
 
In parte è vero che l’inquinamento e i cambiamenti climatici (dovuti essenzialmente alle variazioni dell’attività solare) sono in parte derivanti dall’incuria e dall’azione scriteria dell’uomo, tuttavia a detta di molti scienziati questi cambiamenti ambientali dipendono solo in minima parte dalle sregolate attività umane; si parla addirittura di appena il 5% rispetto alle macro alterazioni terrestri. Ma per fare business col cosiddetto “green”, questa percentuale viene ritenuta, dal sistema globale di potere, il male assoluto per l’ambiente del nostro pianeta.
 
E allora qual’è la soluzione? Ecco venire fuori il business: risolvere con le “energie alternative” o “fonti rinnovabili“. L’idea ha affascinato subito l’umanità favorendo così i politici, gli industriali e i faccendieri di mezzo mondo nel promuovere questi cambiamenti, ma siamo proprio certi che “l’antimale” sia risolutivo e migliore del male?
 
Sappiamo che per ottenere l’energia per le auto elettriche si deve necessariamente ricorrere alla solita tipologia delle centrali a combustibili fossili, quindi nulla è cambiato in merito alla produzione energetica tradizionale; sappiamo altresì che le batterie dei veicoli elettrici dopo lo smaltimento sono molto più inquinanti dei gas di scarico dei vecchi motori termici e che per produrle si devono ricercare metalli e materiali piuttosto rari con costosissime attività di estrazione che comportano anche gravi sfruttamenti dei lavoratori spesso perfino minori.
Conosciamo le ricadute ambientali dell’eolico sia sulla fauna locale sia sullo smaltimento delle gigantesche componenti che durano meno di dieci anni e che dovranno pertanto essere cambiate periodicamente.
 
Esempi del genere ce ne sono tanti e dunque a chi fanno comodo (cui prodest?) questi “epocali” cambiamenti, per altro già programmati dai soliti frettolosi politici dell’UE? La risposta è semplice e noi non vogliamo neanche suggerirvela. Quindi, siamo proprio certi che il “green” sia la soluzione migliore del grande male che sta disastrando il nostro ecosistema?
 
 

Autore dell'articolo: admin

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