Il giudizio della gente

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imageSi legge su Facebook, fra le tantissime citazioni postate dagli utenti, anche questa massima che, pur apparendoci molto veritiera, ci ha convinto più per l’esatto suo contrario.

La citazione, attribuita a David Icke, recita esattamente: “la più grande prigione in cui le persone vivono è la paura di ciò che pensano gli altri”.

Siamo certi che sia vero, ma ci risulta ancora più tristemente collegato alla nostra realtà odierna l’opposto di questo concetto.
Stiamo infatti vivendo il peggiore periodo dell’era moderna proprio perché si sta diffondendo sempre più l’abitudine ad agire senza la benché minima paura nei confronti del giudizio altrui.

Quello che veniva chiamato “l’amor proprio”, e che ora si è trasformato in gretto egoismo, era costituito da una specie di rispetto della propria immagine in funzione del “pensiero” del prossimo che ci circonda.

Era una specie di deterrente che mitigava in qualche modo l’agire scriteriato di molti individui. “Cosa potrebbe pensare la gente?”, sembra retorica, eppure serviva a qualcosa.

Oggi invece tutti sono “sereni” nonostante le porcate che fanno; la paura per il giudizio altrui è stata superata dal menefreghismo.

Quante volte avete sentito in giro la celebre frase: “e chi se ne frega”, o la sua omologa nella sfera “dell’intimo”: “me ne fotto altamente”; il significato di queste due asserzioni è sufficientemente chiaro in proposito: “pensate pure quello che volete, io continuo comunque a fare quello che facevo prima”. E se “prima” rubava, si faceva corrompere, si vendeva, distruggeva il prossimo con le sue azioni indegne, così intende continuare nonostante il giudizio della gente.

Quante volte negli ultimi anni abbiamo additato i politici nostrani come i più inadatti ad amministrarci in quanto corrotti e degenerati? Eppure loro hanno sempre ignorato i nostri giudizi, magari etichettandoli come manifestazioni “populiste”, affiancando così il “populismo” (secondo la loro miserrima capacità mentale) all’idea di banalità e di insulsaggine popolare, e continuando imperterriti nella loro condotta immorale se non delinquenziale.

Insomma la paura di ciò che “pensano gli altri”, che prima era effettivamente una sorta di “prigione” mentale, si è trasformata ormai in un “luogo comune” dove il libero arbitrio fa da padrone; per certi versi potrebbe risultare la base di una grande civiltà, ma la presenza di tante teste bacate nella nostra società necessiterebbe di un deterrente psicologico che ne possa limitare l’influenza, e il giudizio della gente, almeno nel passato, è risultato un ottimo strumento dissuasivo per le carognate di certi loschi individui.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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