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La Sindrome del Ponte di Kwai colpisce il Web

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La mia non vuole essere né una gufata, né la profezia di un fanatico millenarista, piuttosto una concreta ipotesi basata sulla pervicace follia del cambiamento periodico che ha impestato pressoché tutti gli informatici del pianeta.

La scusa è sempre la stessa: la sicurezza; si cambia cioè tutto di continuo solo per non dare il tempo agli hacker di trovare le soluzioni giuste per perforare la corazza protettiva delle piattaforme web. Cambiando quindi costantemente le “carte in tavola” gli informatici si sono fatti convinti di poter scombinare i giochi ai pirati digitali.

Forse è anche vero, ma la certezza è che intanto scombinano le idee e complicano la vita a milioni di utenti in tutto il mondo. Non c’è il tempo di capire come funzionano le cose che i successivi “aggiornamenti“, come li chiamano loro, costringono gli internauti (che ormai siamo praticamente tutti) a studiare da capo le dinamiche di siti, portali e social, quasi come fosse la prima volta del loro utilizzo.

In dieci anni ho visto cambiare centinaia di sistemi operativi con cadenze quasi mensili, sparire applet, plugin, codec e applicazioni in genere come fossero stelle nane risucchiate nei buchi neri. Gli stessi standard di codifica dei filmati in rete sembrano aver subito lo stesso titanico scontro epocale che ebbero i supporti magnetici di registrazione dei video negli anni ’80/’90 (Video2000, Betamax, VHS, DVD), si è passati dal processarli in MPEG1, poi in MPEG2, poi quando sembrava che dovesse prevalere Flash, seguì il formato MP4 e ultimamente l’HTML5, che ha fatto praticamente sparire l’utilizzo del Flash; e vi sto omettendo quelli intermedi, quelli minori e quelli in fieri.

Non sempre si tratta di miglioramenti delle tecniche, spesso sono vere e proprie guerre commerciali e di brevetti, ma chi ne paga le conseguenze sono sempre gli utenti che stanno letteralmente impazzendo dietro queste follie continue e ripetute nel tempo.

L’ultima è quella delle strategie SEO, acronimo inglese di Search Engine Optimization, in parole povere l’algoritmo che serve per ottimizzare la posizione, e quindi migliorare anche il ranking e la visibilità all’interno dei motori di ricerca. Ebbene, dietro c’è un buisiness; sono ormai in tanti che hanno capito come funzionano le cose e si fanno pagare per far posizionare al meglio i propri siti. A questo punto Google, che è il maggiore motore di ricerca del mondo, cosa fa? Spara una serie di aggiornamenti, cui da stavolta nomi di animali, e rende obsolete, e talvolta anche deleterie, le vecchie strategie SEO cambiando i relativi algoritmi. L’ha fatto prima con l’aggiornamento Panda e ultimamente con il Penguin.

Così si ricomincia tutto daccapo, migliaia di analizzatori SEO si mettono a studiare sull’aggiornamento dell’aggiornamento e propongono i nuovi “consigli” ai loro clienti generando il nuovo business che durerà quanto “da Natale a Santo Stefano”, facendo gettare al vento gli investimenti dei poveri utenti in cerca di visibilità sulla rete.

Questa procedura comincia a somigliare sempre più a una forma di “obsolescenza pianificata” applicata ai software, mentre quella degli hardware e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche in genere è già da tempo reato penale in alcune nazioni europee. L’unica differenza sta nel fatto che il danneggiamento economico degli utenti non è diretto e facilmente intercettabile, come nel caso di componentistica e hardware, nella rete tutto viene presentato come gratuito, anche se poi sappiamo tutti che non è proprio così.

Ripeto la mia non è una gufata, io non auguro di certo alla rete, sulla quale lavoro e mi diverto, di finire in malora, ma non posso certo ritenere che gli utenti di internet siano tanto stupidi da farsi maciullare in eterno le meningi da questa follia. La rete internet va stabilizzata, i cambiamenti devono tornare a essere graduali e motivati, la schizofrenia degli aggiornamenti va curata partendo dalla mentalità degli stessi informatici che sembrano tutti colpiti dalla Sindrome del Ponte di Kwai, il vecchio film del 1957 sulla pazzia della guerra e l’assurdità dell’etica militare.

Nella celebre pellicola le mentalità di alcuni protagonisti, esasperate dalla guerra, conducono al disastro e alla distruzione di tutto ciò che era stato costruito sopratutto per vanità umana; gli informatici temono di essere messi da parte dopo aver costruito tanto e, anche se il funzionamento della rete costituisce il loro vanto, preferiscono danneggiarla e ricostruirla periodicamente pur di restare sempre nel cantiere e al centro delle operazioni e dell’attenzione degli addetti ai lavori, ma facendo così rischiano di perdere prima o poi l’interesse degli utenti e di far esplodere la loro stessa creatura.

Autore dell'articolo: Iron Icman

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