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Monti cammina sempre a testa alta, ma almeno tenga la bocca chiusa

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Questo articolo potrebbe costituire la continuazione del precedente testo del 17 gennaio di questo stesso blog: “Tutto e il contrario di tutto”.

Il signor Monti, detto il “salvatore della Patria”, ha adottato la sgradevole abitudine dei suoi predecessori di esprimere propri pensieri che troppo spesso inficiano quanto di buono tenta di realizzare il governo da lui stesso presieduto.

Nel momento in cui tenta di far sparire 46 tipologie di contratti precari e di dissuadere le aziende dall’accettare lavoratori a “tempo determinato”, istituendo agevolazioni per le assunzioni a “tempo indeterminato”, spara in TV la solita demenziale solfa contro il lavoro a “posto fisso”.

Abbiamo già detto che la sua attitudine di “camminare a testa alta” gli fa perdere di vista tutto ciò che nel contempo potrebbe tuttavia calpestare (diritti, costituzionalità, aspirazioni dei giovani, stabilità ecc. – vedi altro articolo del 23 dicembre 2011).

Si ostina ad esternare sempre gli stessi insulsi concetti che i “grandi pupari globalizzatori” del pianeta hanno da tempo inoculato nelle teste che surrogano territorialmente il loro indiscusso comando, quindi anche a lui.

Il concetto, peraltro oggi di per sé aleatorio, di “posto fisso” viene costantemente preso a bastonate da tutti coloro che perseverano nel configurare ai nostri giovani scenari futuri di totale instabilità.

In quest’ottica ottusa, anche perché contraria alle nozioni  di solidità economica promulgate peraltro dagli stessi individui (da qui il solito “tutto e il contrario di tutto”), si vuole profilare la possibilità, per i neoassunti, di lavorare per oltre quarant’anni in decine di ambiti diversi.

Ma tutto ciò non è certo valore aggiunto per chi dichiara invece di lavorare per la stabilità del nostro paese; anzi ne è l’esatto opposto.

Quando vivevamo “altri tempi”, la monotona fissità del proprio posto di lavoro, come la chiama oggi il signor Monti,  era considerata “specializzazione specifica”, quella sì che era “valore aggiunto”. 

Vedere un funzionario pubblico o privato seduto allo stesso tavolo per oltre trent’anni dava agli utenti/clienti la sensazione, se non la certezza, di avere a che fare con un tecnico, con una persona valida che conosceva a menadito il proprio ruolo all’interno di un  determinato servizio. Ne scaturivano estrema fiducia e migliori rapporti fra aziende e clientela.

Oggi invece si parla solo di precariato, di cambiamento costante spacciato per panacea di tutti i nostri mali, magari solo per rendere più “divertente” (il contrario della monotonia da posto fisso) la carriera lavorativa di nostro figlio.

Mamma mia che risate passare da impegato delle poste a giardiniere comunale!

Che gioia immensa cedere la scrivania da impegato di banca per sedersi davanti un telefono in un call center!

Che simpatica variante non prestare più servizio nello studio notarile per poter finalmente essere assunto in un distributore di benzina!

E chi si è opposto alla glorificazione di questo stupido auspicio, come ha fatto Tremonti poco tempo fa spiegando che la sicurezza e la stabilità del proprio posto di lavoro può concedere possibilità di indebitamento a medio e lungo termine e contestuale movimentazione di mercato, è stato tacciato di vetustà  politica e limitatezza nella visione degli scenari futuri.

Sono pienamente convinto invece che dietro questa dichiarazione del signor Monti, salvatore imposto della Patria, ci sia qualcos’altro:  per esempio il tentativo di stigmatizzare le plausibilissime aspirazioni dei giovani per occultare l’incapacità dell’attuale strapagata classe dirigente e politica italiana che non potrà di certo garantire in futuro la stabilità del nostro paese e delle nostre aziende.

Come dire: dovremo cambiare spesso il lavoro perché i nostri manager sono inetti e incompetenti e quindi incapaci di mantenercelo….e su questo, signor Monti, mi trova pienamente d’accordo, comunque cominci lei a cambiare la monotonia del suo posto fisso da Presidente del Consiglio Italiano.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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