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Banche, banchine, e bancazze

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Continua senza tregua l’affronto al Sud-Italia, specialmente in Sicilia, da parte dell’intero settore del credito a suo tempo privatizzato, probabilmente, proprio con l’intento specifico di impoverire il Meridione facendo transitare enormi capitali dalle mani dello Stato in quelle di pochi affaristi che hanno così acquisito, senza “colpo ferire”, un enorme potere economico. 

Eravamo nei primi anni ’90, inconcepibile, si disse allora, che lo Stato sia costretto a chiedere il denaro alle banche private privandosi della propria forza finanziaria solo per favorire occulti “intrallazzisti”, spesso anche stranieri. Eppure questo scempio avvenne impunemente di fronte al più completo disinteresse degli italiani, dei politici dell’opposizione e dei sindacati. Nessuno mosse un dito al riguardo.

Seguirono serie infinite di incorporazioni, assorbimenti, unificazioni fra banche, favoriti dallo stesso Stato italiano che, con l’alibi della “necessità” di creare istituti sempre più grandi per poter resistere all’assalto delle banche estere, riuscì a generare “mostruosità finanziarie” finite comunque anche nelle mani di quelle famose banche estere che tanto si dovevano combattere. Agli istituti di credito generati tramite “incollaggio” di tante banche più piccole o ai nuovi enti finanziari, furono “vietate” nomenclature con caratteristiche regionali, primo passo verso il distacco dal territorio dei gestori del credito, spuntarono così dal nulla dando libero sfogo alla fantasia più sfrenata: Chebanca, Farbanca, Banca 5, Vivibanca, Banca Intesa, Unicredit, Capitalia ecc. ecc.ecc.

Rimasero con intestazioni territoriali solo le banche più piccole, quelle di credito cooperativo, le casse di risparmio e quelle rurali, nonché alcuni vecchi istituti di diritto pubblico solo per mantenere certa clientela affezionata al marchio locale, ma in realtà banche ormai fagocitate da tempo dai nuovi colossi con nomenclature generiche.

Da quel momento però iniziò il lento disfacimento del comparto creditizio nazionale. Le banche straniere che dovevano essere combattute, come dicevano i politici “colpevoli” di questo strazio (inutile rifare ancora i nomi perché li conosciamo benissimo), entrarono ugualmente in Italia senza trovare ostacoli, l’europa unita non permette blocchi di alcun tipo al libero mercato comunitario, quindi quella “necessità” di generare giganti finaziari per lottare contro le banche europee si rivelò l’ennesima falsità dei politici di quel tempo contro l’opinione pubblica italiana.

Così i “colossi” finanziari, pur vantando utili astronomici a ogni bilancio semestrale, hanno mostrato il chiaro interesse di racimolare liquidità a più non posso, vendendo di tutto (Unicredit, per esempio, ha venduto all’asta da Christie’s l’intera sua collezione artistica, fra le più grandi d’Europa, generata fra l’altro proprio da quella serie di incorporazioni dei beni posseduti dalle varie banche fagocitate), buttando fuori il maggior numero di impiegati e chiudendo centinaia di sportelli.

E’ di questi giorni la notizia che Banca Intesa vuole chiudere tutti gli sportelli in Sicilia, già privata da tempo di tutte le banche di respiro regionale (quindi di qualsiasi potere economico interno), per affidare a tabaccai e gestori Sisal l’attività meno remunerativa (leggete qui  uno dei relativi articoli).

E’ un’indegna e vile fuga dal territorio meridionale che le banche del nord-Italia (non c’è solo banca intesa, ma anche unicredit e altri istituti si stanno allineando su questa idea) hanno già abbondantemente dissanguato risucchiandone quasi totalmente l’economia interna. Hanno prelevato al Sud per investire al nord e ora “intendono” (ecco forse da dove deriva il nome di banca intesa) chiudere pure gli sportelli, è un fatto gravissimo.

Il Governo ha l’obbligo di intervenire perché questo è un fenomeno peggiore di quello dell’Ilva e dell’arcelormittal, si tratta di “fuoco amico” perché i responsabili non sono stranieri come a Taranto, sono istituti di credito (si fa per dire) italiani.

 

Occorre portare al Parlamento la questione perché ora sono molte le banche che vogliono abbandonare totalmente il Meridione d’Italia; è la volta buona che deputati e senatori meridionali si sveglino dal letargo e pensino, oltre al loro ristrettissimo interesse personale anche a quello della Popolazione del Sud che li ha votati … se il fenomeno non verrà al più presto arginato dallo Stato Italiano alle prossime elezioni i TERRONI sapranno a chi non dare più il voto.

Autore dell'articolo: admin

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