La pubblica morale dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) indicare come scorretta una amministrazione della “cosa pubblica” volta ad una fraudolenta gestione di denaro del popolo che permetta, anche se in favore della comunità, un mantenimento di benefici a danno di singoli cittadini.
Se quello che chiamiamo convenzionalmente Stato si appropria o trattiene indebitamente pubblico denaro, anche creando “in corso d’opera” apposite regole al riguardo, commette inevitabilmente un FURTO.
Fra tutte quelle incredibili alchimie che i due governi italiani degli ultimi tre anni hanno varato a danno dei lavoratori c’è l’utilizzo indiscriminato di uno “strumento” probabilistico, quindi del tutto aleatorio, che tuttavia genera effetti negativi reali e certi sui sacrosanti diritti dell’ingresso in quiescenza della gente; per altro il machiavellico “congegno” viene applicato con “automatismi” che escludono, anche se in periodi limitati, qualunque possibile esenzione dal vincolo per possibili variazioni di calcolo nel frattempo intercorse.
Si tratta di quello che viene chiamato “adeguamento alle speranze di vita”. La “speranza di vita” è un indicatore di pura natura statistica che viene calcolato periodicamente dall’Istat ma che, in quanto tale, non dovrebbe avere caratteristiche di certezza assoluta.
Tuttavia viene utilizzato come valutazione perentoria e pertanto indubitabile, unica eccezione: la morte del contribuente. In questo caso lo Stato dichiara: “peccato, ci siamo sbagliati”, e si frega gran parte del denaro accantonato dal defunto in una vita di versamenti all’INPS.
Ovviamente lo Stato si giustifica parlando di “equilibrio di sistema”, indicando cioè il denaro non più restituito al lavoratore defunto come “recupero” per la “vita troppo lunga” di altri contribuenti.
Ma aumentando costantemente i periodi di contribuzione INPS, proprio con l’utilizzo dello strumento “aspettativa di vita”, diminuiscono enormemente i casi di “perdita” da parte dello Stato … anche questo è un dato statistico e dovrebbe essere preso in considerazione, ma “logicamente” viene del tutto trascurato in quanto “pernicioso”.
In pratica quella che il signor Monti definisce legge “equa” permetterà in un prossimo futuro, se non fin da subito, di lasciare in deposito all’INPS grandi quantità di denaro versato in contribuzione pensionistica non più restituibili ai rispettivi lavoratori nel frattempo deceduti … se non è “furto” questo!
Ma un’altra magagna è sprizzata fuori dalla riforma Fornero. La precedente riforma Sacconi del 2010 (di riforme pensionistiche o relative varianti ne sono state sfornate una mezza dozzina negli ultimi 5 anni) prevedeva l’utilizzo dello strumento “aspettativa di vita” a partire dal 1° gennaio 2015, poi la manovra estiva del 2011 l’ha anticipato al 2013 ma senza l’applicazione al requisito del tetto contributivo (allora 40 anni).
Era una decisione intelligente, perché si tratta di “aspettativa di vita” non di “aspettativa contributiva” che non vuol dire assolutamente nulla.
Ebbene la riforma Fornero ha stabilito invece che “aumentando la speranza di vita deve aumentare proporzionalmente anche la contribuzione obbligatoria all’INPS per raggiungere il tetto massimo contributivo”, e questo già a partire dal 2013 con ulteriori tre mesi di tributo alle casse di Stato.
Ė come dire: << visto che forse vivrai di più, allora di certo dovrai lavorare di più e il plafond di denaro che ti ho chiesto fino ad oggi per darti una pensione non mi basta più, dovrai pagare sempre di più>>; non vi ricorda una formula estorsiva della malavita? Ma perché lo Stato si mette a scimmiottare la delinquenza organizzata? Ma il “pizzo” non dovrebbe essere illegale?
Sono tutte domande che gli italiani si pongono da tempo, da quello stesso tempo perso senza incaricare uno staff di avvocati in gamba per intentare una class action contro lo Stato.
Un’ultima osservazione: un dato statistico calcolato periodicamente dall’Istat è indubbiamente soggetto a variazioni sia in aumento che in decremento; l’indice di mortalità infatti varia di continuo in funzione di variabili che cambiano di anno in anno, potendo subentrare possibili calamità, epidemie, incrementi degli incidenti sul lavoro o stradali, eventuali insorgenze di patologie ambientali ecc. ecc. Ė un indicatore che può salire ma può anche scendere con continue fluttuazioni…. Vi siete mai chiesti come mai sono stati invece programmati solo aumenti delle aspettative di vita fino ad oltre il 2020 con conseguenze negative immediate e certe sulla vita dei lavoratori? Ė possibile che lo “strumento” sia invece un “alibi”?
Di recente l’ex Ministro Tremonti ha dichiarato al riguardo: “l’Italia aveva il sistema pensionistico migliore d’Europa, poi è venuto qualche imbecille …”
“Lo Stato dovrebbe essere più bello”, e le leggi più segnate da una gestione etica della “cosa pubblica” che invece viene regolarmente disattesa da quel potere costituito che mira esclusivamente a proteggere se stesso.
1 commento su “Stato di immoralità”
Santokenonsuda
(27/08/2012 - 11:02)Visto che lo Stato nell’intero periodo contributivo si fotte 100 per restituire comunque al massimo 60/70 (se le aspettative di vita sono stimate intorno agli 80 anni, l’Inps prenderà contributi per 40 anni ma restituirà pensioni da fame, calcolate solo in base alle contribuzioni incassate, al massimo per soli 10/12 anni) allora per non parlare di FURTO di Stato il Governo italiano dovrebbe avere il coraggio di dire che per tutti coloro che entreranno nel mondo del lavoro da oggi non sarà prevista in futuro alcuna pensione; ma a questo punto l’INPS DOVRA’ RINUNCIARE ALLE CONTRIBUZIONI MENSILI DEI LAVORATORI permettendo loro accantonamenti privati in appositi fondi per garantire ad ognuno la certezza di una propria pensione e con le proprie forze, senza doversi sentire un “parassita”.