Per arrivare a sedersi su quelle demoniache poltrone rosse si fa proprio di tutto.
Si scende a compromesso con i propri ideali, si nascondono nel fondo dell’anima i sentimenti più sinceri, si diventa cinici, arroganti, presuntuosi, per dirla alla maniera cinematografica riprendendo il titolo di un vecchio film degli anni ’70, brutti, sporchi e cattivi.
C’è chi è disposto a “pugnalare” alle spalle l’amico d’infanzia, chi persino a tradire i familiari più prossimi, in ogni caso “l’ascesa” della materia coincide col precipizio dello spirito.
Troppi e spropositati i benefici economici concessi a chi fa politica per permettere di far giungere nella “stanza dei bottoni” solo gente preparata, capace, intelligente e motivata.
Fare politica deve significare mettersi al servizio del proprio Paese e del Popolo sovrano, non accumulare potere, ricchezza e vantaggi per se stessi e per i propri familiari. Deve diventare una sorta di vocazione come quella religiosa, una sincera passione, non l’appagamento di un innato desiderio di supremazia, sempre presente nella stolta natura di ogni essere umano, che dobbiamo invece sopprimere con la razionalità, la volontà e la coscienza.
Quando la politica comporterà, per qualsiasi ruolo “conquistato”, solo al massimo una remunerazione pari a quella di un qualunque dirigente pubblico, forse si potranno vedere in parlamento giovani capaci e coraggiosi che potranno cambiare veramente le cose in questo Paese che sta scivolando via insieme alle sue migliaia di frane e ai suoi migliaia di ricchissimi aguzzini.
Non dobbiamo pensare che sia un’utopia, dobbiamo convincerci piuttosto che è una soluzione.