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La ricerca di successo nei social è diventata compulsiva

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Citazione dallo scrittore italiano Stefano Benni :”Passiamo metà del tempo a deridere ciò in cui gli altri credono e l’altra metà a credere in ciò che gli altri deridono“.

Nella puntata di Presa Diretta (Rai 3)  intitolata ‘Popolari’, in onda lunedì 6 febbraio 2017, Riccardo Iacona e i suoi inviati hanno evidenziato lo smodato desiderio dei giovani di avere una certa reputazione e influenza sui social, imitando youtuber e blogger che proprio sfruttando il web sono diventati famosi.

Qualcuno ha rilevato che in giro su Facebook-Italia sono in pochi a postare roba partorita dalla propria mente, anche e soprattutto per l’insita incapacità di farlo. La maggioranza degli utenti preferisce pubblicare link di altri sforzandosi solo, e non sempre, nell’aggiungere poche parole di presentazione.

La realtà è che ci siamo autoconvinti tutti della “necessità” di essere sempre presenti in qualche modo sui social network.

Quindi pubblicare link altrui, magari effettivamente graditi, fa raggiungere lo scopo con il minimo impegno. Insomma si vuole “vincere facile“.

Tuttavia dietro tutto ciò, dobbiamo ammetterlo, c’è la diffusa presunzione in ognuno di noi di voler dimostrare al “resto del mondo” di possedere le qualità di scrittore, editore, critico, sociologo o giornalista …. vorremmo sconfiggere la mediocrità utilizzando le tecniche elementari dei social, ma ognuno di noi è un universo a se stante, perché tentare con tanta disperazione di scimmiottare le prerogative di altri individui tanto diversi da noi?

Dovremmo imparare a essere orgogliosi di noi stessi, delle nostre caratteristiche uniche, e anche dei nostri limiti, senza doverci spacciare per altri, ma questo purtroppo non è previsto dalla deriva nella quale la nostra civiltà digitale ci ha gettati in massa.

Leggiamo su un diario di un utente di Facebook: “Guardando l’approssimazione con cui si affrontano temi complessi nei social, in politica e nei media ritorna alla mente la bellissima frase di Alessandro Manzoni <<Il buon senso esiste ancora , ma se ne sta nascosto per paura del senso comune>> . Una sintesi efficace sullo stato del dibattito politico italiano di oggi“.

L’osservazione ci sembra corretta, su tutti i social ormai predominano indiscriminatamente odio, rabbia, rancore, ignoranza e inutile turpiloquio.

Sul nostro blog e la nostra pagina Facebook , volutamente, abbiamo fatto rilevare spesso alcune oggettività inoppugnabili (metafore del tipo: l’asino non vola) per analizzare le reazioni degli utenti della rete. Ebbene: se si sfiora un argomento popolare, di quelli che spaccano a metà l’opinione pubblica, nonostante si tratti di osservazioni sacrosante e incontestabili, raccogliamo per il 50% commenti compiacenti, magari prossimi all’estrema faziosità, e per l’altra metà insulti e improperi come se avessimo offeso gravemente la dignità dell’intera massa popolare.

Il buon senso è praticamente seppellito dal fanatismo, soprattutto quando si entra nella sfera della politica, ma questo fenomeno nei social è amplificato fino al parossismo e andrebbe fatto analizzare da una task force di psichiatri … ma di quelli bravi!

I social devono essere un punto d’incontro aggiuntivo, non l’unica ed esclusiva arena sulla quale scontrarsi a ogni costo.
Atteggiamenti comportamentali che si stanno propagando a macchia d’olio sui principali social network (aggressività verbale spesso immotivata ed eccessiva, protagonismo, voglia di supremazia sugli altri utenti, soddisfazione nell’inventare e diffondere notizie false per acquisire notorietà, smodato piacere nel contraddire a tutti i costi chi esprime qualcosa tramite un proprio post, ecc. ecc.) sono tipici di chi, coprendosi con una maschera, si esalta all’interno di un gruppo ad atteggiarsi in modo completamente diverso rispetto alle caratteristiche della propria reale personalità.
Così il personaggio presente sul social, anche se riporta lo stesso nome e cognome, diventa una sorta di proprio “avatar” che si muove in una realtà parallela, come in una specie di gioco virtuale senza alcun controllo, permettendo di scatenare quelle “potenzialità” che difficilmente si possono manifestare invece nella società reale.
E così i social diventano una “droga” per tutti coloro che fuori dalla virtualità della rete hanno caratteristiche tutt’altro che carismatiche, magari migliori, ma pur sempre meno popolari e coinvolgenti per gli utenti di Facebook o di Twitter.
A questa gente che non può più fare a meno dei social per manifestarsi in modo diverso da quello che è nella realtà, bisogna aggiungere anche tutti coloro che devono per forza “condividere” qualsiasi esperienza personale (mangereccia, turistica, artistica, conviviale, psichica, sportiva, ludica ecc. ecc.) con l’intero popolo della rete.
E giù dunque milioni di foto dei cibi consumati al ristorante o dei commensali riuniti attorno al tavolo per festeggiare il pasto, o di gruppi turistici davanti a un cactus del Colorado, o di ridenti ballerini in discoteca durante un “raduno di falsi-vip” … ma perché? ma per chi? I ricordi servono solo a chi ne ha vissuto in prima persona i relativi momenti, al resto del mondo NON GLIENE PUO’ FREGARE DI MENO.
I social dovevano essere tutt’altro di quello che sono diventati. La massa ne ha banalizzato le finalità originali diventando comunque schiava delle distorsioni provocate.

Autore dell'articolo: admin

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