E’ cosa risaputa che i grizzly vanno pazzi per i salmoni; si piazzano in un posto ben preciso sull’acqua e afferrano al volo tutti quei pesci che, tentando di vincere la corrente, finiscono col cadere nelle loro fauci.
Questa caratteristica comportamentale dei grandi orsi bruni si presenta proprio come una metafora di quanto è accaduto a Venezia a proposito di “Mose”.
Gli orsoni in questione sono rappresentati dal signor Giorgio (Orsoni appunto) che in qualità di sindaco di Venezia sembrerebbe, ma il patteggiamento ne acclara legalmente la colpevolezza, reo di finanziamento illecito legato al sistema elettromeccanico di paratoie mobili per la difesa della laguna veneziana, chiamato “Mose”.
I salmoni invece sono le imprese impegnate nelle barriere contro le acque alte che, saltando contro-corrente (l’illegalità), finivano in “pasto” al sistema corrotto, finanziando con i loro soldi la campagna elettorale (meglio alimentare, parlando di veri orsi bruni) di Giorgio Orsoni per poter essere piazzato nella “parte più alta della laguna” in qualità di sindaco.
Ma in tutto questo la cosa più brutta, è che la metafora non regge l’orribile finale della vicenda che risulta moralmente peggiore della fine dei salmoni fra i denti aguzzi degli orsoni.
D’altra parte l’animale in questione (l’orso si intende) viene chiamato scientificamente “Ursus arctos horribilis”, e l’orribilità nell’allegoria socio-politica sta nel fatto che l’Orsoni (Giorgio), non appena ha usufruito della revoca degli arresti domiciliari in seguito al suo patteggiamento, è corso a sedersi nuovamente sulla sua poltroncina di sindaco di Venezia, per timore che, valendo il celebre motto “chi si alza perde la piazza”, qualcuno avrebbe potuto fregargli da sotto il sedere quella tanto sospirata sedia.
Ci siamo chiesti se il “caro” Giorgio, correndo nei corridoi di palazzo per tornare a sedersi sulla sua vecchia postazione di sindaco, abbia avuto il tempo di indossare una maschera, magari proprio quella con le fattezze di un grizzly, perché nessun cittadino in possesso di propria dignità si sarebbe permesso di rientrare sul “trono istituzionale”, dopo un provvedimento legale di questo tipo (e con il mantenimento di stato di indagato), senza aver indossato una maschera di qualsiasi tipo.
In Italia la corruzione è ormai divenuta endemica, e chi si rende colpevole di questo reato, non ha più la capacità di comprenderne la gravità; è una sorta di droga che da assuefazione e ogni politico corrotto pensa che rientri nella normale prassi comportamentale ricevere tangenti e denaro sottobanco per poter concedere i benefici di una falsa legalità, proprio come è fisiologico e naturale per gli orsi piazzarsi nel punto giusto di un fiume per divorare i salmoni, così crudi e vivi come sono…..senza neanche affumicarli prima.