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I tagli tagliano tutto, anche i guadagni

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La vignetta potrebbe sembrare surreale, ma non è così.

D’altra parte è già così nei trasporti pubblici, con l’autista che deve fare anche il bigliettaio e il buttafuori.
Ma ancora non si è capito che i “tagli” non intervengono solo sul costo del lavoro, ma riducono anche la sicurezza, il controllo, gli standard di qualità, e perfino gli stessi profitti di gestione, creando spesso anche esborsi onerosi di natura legale?
La demenza connaturata nei loro poveri cervelli impedisce alla maggior parte di manager e politici d’oggi di comprendere che i “tagli”, in fin dei conti, “castrano” proprio ciò che si vorrebbe invece recuperare.

Se si continuano a “buttare a mare” risorse umane, proprio come fanno gli “scafisti” con i migranti, si favoriranno inevitabilmente le perdite in termini di rischi legali ed economici.

L’equazione “tagli=aumento dei profitti” non funziona, è completamente errata e soprattutto generata in modo elementare pur essendo di “grado” molto più elevato di quello che si possa pensare ad un primo infantile esame.

Che senso ha, ma è solo un banalissimo esempio, eliminare tutti i controlli negli ingressi delle metropolitane, per non pagare uno stipendio mensile di 1.500 euro ad un impiegato e perdere così migliaia di incassi di ticket giornalieri che superano di gran lunga il salario di un controllore. Così non è in Spagna, dove ho potuto constatare di persona, che NESSUNO salta i tornelli come avviene invece regolarmente in Italia, fenomeno peraltro abbondantemente documentato da “Striscia la Notizia” proprio nell’ultima stagione appena conclusa.

E questa enorme assurdità di inizio milennio è riscontrabile nel nostro disgraziato Paese praticamente in tutti i campi e in tutti i settori, per poi andare assolutamente in senso opposto, come vuole la schizofrenia gestionale tipica dello stato italiano, quando si devono invece “inventare” ruoli (anche totalmente improduttivi) per favorire amici o parenti degli “amici degli amici”; vi è mai capitato di riscontrare che certi incarichi direttivi nella pubblica amministrazione sono praticamente inutili e fini a se stessi, pur essendo strapagati?

E che i profitti derivanti da quelle stesse “macchine burocratiche”, controllate e “dirette” proprio da quei dirigenti “raccomandatissimi” (massoneria, politica, mafia, amanti di turno, voto di scambio, intrallazzi finanziari ecc. ecc. ecc.), risultano nettamente inferiori alla sommatoria degli stipendi pagati alla fine del mese per il gruppo che sovraintende all’intero comparto di lavoro creato appositamente per “piazzare” questa gente da qualche parte?

 

Quindi i “tagli” sono una “moda” alimentata dall’alibi della crisi economica, piuttosto che una reale necessità.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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