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Figli e figliastri dello Stato

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Lo stato italiano, sempre quello con la s minuscola, non tratta nello stesso modo tutti i propri “figli”, come invece previsto dalla Costituzione, figuriamoci se riesce a farlo con i suoi stessi settori che lo compongono.

Nella ormai cronicizzata mancanza di denaro, generata dalla scriteriata austerity imposta dalla usuraia comunità europea e dalla “favoletta” del rientro dell’Italia dal proprio debito pubblico, il governo italiano si trova a scegliere quali delle proprie componenti dover favorire e quali invece stangare senza pietà.
Ovviamente l’economia, tanto cara alla comunità europea (che pensa solo a questo), è il settore prediletto, mentre la Sanità, che riguarda più da vicino le esigenze del Popolo, viene regolarmente danneggiata da continui tagli, e c’è pure qualche politico che vorrebbe addossare esclusivamente ai medici le colpe dei disservizi e della “malasanità”.
Insomma i poveri medici sono “cornuti e mazziati“; costretti a turni disumani, sottopagati, spesso obbligati a spostarsi di continuo per la chiusura di molti nosocomi, spinti dalla serietà professionale a “fare miracoli” con la scarsità dei posti letto e del personale i servizio, messi nelle condizioni di dover fronteggiare le sacrosante proteste dei malati e dei loro parenti, e per giunta accusati da qualche “politicante da strapazzo” di inadempienze e scorrettezze sul posto di lavoro.
Le banche invece, nonostante siano state privatizzate (è da anni che sosteniamo sia stata una storica “pagliacciata” la privatizzazione delle banche avvenuta a metà degli anni ’90), vengono regolarmente “salvate” dallo stato con colossali interventi “pubblici”, con la collusione della comunità europea che, da un lato, vieta l’assistenza finanziaria governativa alle aziende private in crisi (vedi Alitalia), ma dall’altro, permette, anzi favorisce, mastodontiche manovre finanziarie ai paesi membri (Germania e Italia in primis) per il salvataggio delle banche in difficoltà.
Siamo d’accordo sulla necessità di non far chiudere certe banche di grande livello per i gravissimi reflussi che questi fallimenti potrebbero avere sulle relative clientele e sui lavoratori interessati, ma questa tipologia di salvataggio di stato dovrebbe essere adottata per tutte le aziende in crisi, non soltanto per le banche. Inoltre i “manager” responsabili dei buchi in bilancio, oltre che andare a casa o a svolgere ben altre mansioni, dovrebbero rifondere le relative aziende che hanno danneggiato con la loro incapacità restituendo i tfr da nababbi che invece intascano regolarmente al termine delle loro malefatte.
Al riguardo dedichiamo all’incoerente e snaturato stato italiano, che taglia negli ospedali e integra nelle banche,  una breve poesia che fa da contraltare alla celebre “La livella” di Totò; potremmo intitolarla, coniando un neologismo, “La dislivella“:
I camici bianchi sono stanchi
nella sconquassata sanità,
fra tagli, abbagli e disservizi
mancano i soldi e la serenità.
Ma il denaro non mancherà mai
nelle aziende che chiamano banche,
dove i “pazienti” sono i clienti
e quel liquido prelevato
non è sangue, ma è pur privato.
Lì il denaro scorre fluente
e quando manca interviene lo Stato
che troppo spesso, premurosamente,
copre buchi e fallimenti.
Ma quel denaro, col senno del poi,
scopriamo essere di tutti noi.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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