Pare che in Europa un numero sempre crescente di aziende stia aderendo alla settimana lavorativa breve.
Questo perché molti ricercatori scientifici sono giunti alla conclusione che è un’utopia il concetto che più si lavora sodo e più si produce.
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Infatti nella realtà stanchezza, sfiancamento, mancata interruzione della routine lavorativa possono solo condurre a peggioramento della concentrazione, perdita di entusiasmo e di senso di appartenenza all’azienda, e conseguentemente diminuzione della produzione e della qualità.
Andatelo a dire a certi manager, politici e dirigenti schizzati, se non addirittura dementi, che ritengono invece tutto il contrario (più che altro perché nell’ultimo decennio “fa moda” manageriale lo schiavizzare il più possibile i lavoratori).
L’avvento di una classe dirigente incapace e ottusa, che si è fatta raccomandare e “sponsorizzare” da chiunque (politica, massoneria, intrallazzo, delinquenza organizzata ecc. ecc.), pur di poter arrivare ai “posti di comando” senza aver la minima capacità per poter gestire al meglio certi delicati ruoli direttivi di massa, ha determinato nel mondo del lavoro un caos generalizzato che non ha di certo giovato alla produzione.
Così il concetto “lavorare di più per produrre di più”, ha prevalso sul più umano e ragionevole “lavorare meglio e di meno per non stancarsi e produrre in malo modo”.
L’uomo che lavora “meccanicamente”, privato della libertà temporale, della coscienza e dei suoi sogni, diventa un automa che produce male proprio nei settori in cui la qualità è il valore aggiunto delle eccellenze di mercato.
Con l’acquiescenza dei sindacati (purtroppo sulla strada del tramonto) e il consenso di certi politicazzi che non hanno capito nulla nella vita (ricordate? Ce n’era uno che voleva abolire pure le festività laiche per poter lavorare due giorni di più all’anno), certi titolari di azienda, amministratori delegati di società pubbliche e private, manager e consulenti economici hanno riportato il mondo del lavoro ai tempi del film di Chaplin “Tempi Moderni” (1936).
Insomma, siamo tornati indietro di quasi un secolo, con l’aggravante dei centri commerciali praticamente sempre aperti, di notte, di domenica, nelle feste comandate ecc. ecc.; tutto ovviamente sulle sole spalle di addetti, operai e lavoratori generici.
Nel terzo millennio il lavoro o non c’è proprio o tende a distruggerti, va bene che il lavoro nobilita l’uomo, ma troppa nobiltà ti aliena dal resto del mondo, dalla vita vera.
Ma porca miseria! Perché in quest’epoca folle non si riesce a trovare mai una via di mezzo, o tutto o il contrario di tutto (il niente), o vieni massacrato per quattro soldi 12 ore al giorno per 6 giorni la settimana o te ne stai a casa disoccupato
Aumento del “pil” non si traduce in “surplus” di lavoro, ora lo ammettono anche gli esperti.
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