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Ma siamo stati mai veramente liberi?

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Le regole che ci hanno avvilito in quest’anno di pandemia hanno spinto tanta gente a ritenere persecutorie tutte quelle scelte limitative imposte praticamente da tutti i governi del mondo.

Fa male a chiunque stare chiuso in casa, ma occorre prendere coscienza del fatto che qualsiasi uomo o donna che ha un ruolo decisionale a livello governativo non ha alcun motivo, per quanto occulto esso possa essere, di agire in questo modo contro la libertà della popolazione; rischiando anzi, per l’impopolarità di una disposizione tanto opprimente, proprio quella poltrona cui stanno attaccati soprattutto i nostri politici.

Semmai il dubbio potrebbe nascere dal fatto che certe scelte finiscono per risultare discriminanti per alcune categorie di lavoratori (perché certi esercizi restano aperti ed altri no, pur nel rispetto delle norme anti-covid?) … ma questo è un altro discorso.

La realtà è che la “libertà” è sempre stata un’utopia, non esiste e noi siamo rimasti da sempre legati a questo concetto fittizio nel convincimento di sentirci liberi solo perché riteniamo di poter pensare quello che vogliamo. Ma non è così, da quando esiste il mondo ogni essere vivente è soggetto al volere o alle necessità di qualche altro e quest’epoca di pandemia globale è l’esempio più tangibile ed estremo di questa inoppugnabile realtà, oggi più che mai. Basti pensare che l’uomo più potente della terra dipende, in questo momento, da un banalissimo virus, che non è nemmeno un essere vivente.

Può sembrare paradossale ma è la realtà, al di là del potere presunto, dell’interesse privato, delle poltrone incollate al culo, c’è sempre qualcosa o qualcuno che comanda su di noi, ed è un sistema ciclico, dal più piccolo al più grande e viceversa.

Non illudiamoci dunque di essere uomini liberi in un diabolico sistema sociale che, proprio come d’altra parte anche quello naturale, è costituito da un enorme cerchio che fa coincidere l’ultimo punto con il primo (come nel quadro di Matisse, “la danza”).

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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