Oggi dovrebbe essere la Festa dei Lavoratori, ma come nel caso dello scorso 25 aprile (la Liberazione festeggiata da un popolo prigioniero), che senso ha celebrare una categoria di cittadini sottoposta dal 2011 a tutti i tipi di vessazioni, persecuzioni, normative penalizzanti, privazioni di diritti, azzeramenti di garanzie ecc. ecc.ecc. ecc.?
I lavoratori italiani non sono più tali a seguito dei soprusi, delle angherie e dei maltrattamenti imposti dagli ultimi tre governi, sono diventati i nuovi schiavi del terzo millennio, costretti come sono a “stare sul pezzo” senza più diritti sindacali, con retribuzioni che scendono paurosamente nel tempo specialmente per i più giovani e soprattutto fino a quel fatidico esaurimento delle forze che avviene comunque intorno alla sessantina d’anni di età anagrafica, nonostante il prolungamento di vita attribuito da insulse statistiche di dubbio valore, strumentalizzate da politicanti senza scrupoli e morale, e che saranno tutte da dimostrare per i nostri figli, che stanno vivendo MALE l’attuale loro adolescenza priva di prospettive e con poche speranze di un lavoro dignitoso per il futuro.
Festeggiamo? Ma che abbiamo da festeggiare! La nostra inerzia nel subire passivamente la “sassaiola” di “riforme” della infame casta di arricchiti parvenu della politica italiana? Oppure l’attuale situazione dei lavoratori, che appare sicuramente migliore di quella che sarà negli anni a venire, considerando che NESSUNO, fino a questo momento, ha avuto le capacità di arginare questo scempio nei confronti di chi produce ricchezza e tira la carretta statale? (non sono certo gli strapagati politici a fare aumentare il celebre PIL, eppure loro non vengono minimamente intaccati da questo vento distruttivo che colpisce e sferza proprio i “cavalli” e non gli inutili “cocchieri”).
Festeggiamo dunque! Festeggiamo la tanto agognata “RIPARTENZA” …. che in realtà è quella dei nostri giovani verso altre nazioni (anche non europee) alla ricerca di un lavoro che in Italia si festeggia senza averlo o subendolo fino alla morte.