Quando si protesta (e noi siamo grandi sostenitori della “Protesta“) lo si deve fare sempre con criterio, conoscenza profonda della problematica, e soprattutto documentandosi adeguatamente.
A Palermo, forse anche per scimmiottare la tendenza popolare del momento molto in uso nei social network e sulla stampa più “approssimativa”, spesso si sparano “raffiche” di contumelie incoerenti, le une slegate dalle altre o magari decontestualizzate dalle effettive circostanze che si stanno esaminando.
Sembra che sia stata pubblicata una nota polemica, su un quotidiano locale che noi non leggiamo, su un drammatico evento accaduto venerdì 20 novembre u.s. a Mondello, frazione marinara di Palermo: la caduta di un masso dal promontorio antistante il golfo, che ha ucciso una donna e distrutto parzialmente la casa nella quale abitava.
Basandoci su quello che ci ha segnalato un nostro lettore, vorremmo fare delle precisazioni “a freddo” su questa disgrazia e sulle inevitabili polemiche conseguenti che, come sempre, vanno “a briglia sciolta”, senza alcun controllo, e spesso senza neanche criterio logico.
Le villette di cui si parla risalgono ad almeno trenta anni fa e non a dieci, come sembrerebbe sia stato scritto erroneamente nella nota pubblicata sul quotidiano, quando ancora il promontorio (non è assolutamente una montagna) non era fessurato come oggi. Addirittura la villetta colpita dal masso sembra sia stata costruita oltre 60 anni fa.
Dai controlli che hanno effettuato subito le forze dell’ordine (ovviamente per scrollare dalle spalle delle istituzioni locali tutte le responsabilità e riversarle così sui cittadini, pratica tipica delle nostre amministrazioni pubbliche) non sono risultati abusi edilizi. La mafia, stranamente, in questo caso non c’entra nulla, anche se sembrerebbe comunque citata nel suddetto articolo.
Le pastoie burocratiche che usualmente creano gli uffici dell’edilizia privata, e che sono citate dal nostro lettore come fenomeno che danneggia i cittadini nell’iter di certe richieste, risultano semmai (anche se in modo del tutto involontario da parte dei funzionari pubblici) un deterrente per ulteriori costruzioni nella zona, tra l’altro definita da oltre 10 anni “interdetta” alle nuove opere di edilizia abitativa.
Unica osservazione coerente, in tutto questo “bombardamento” di concetti e supposizioni ingiustificate, è invece il mancato intervento pubblico sul dissesto idrogeologico, peraltro già abbondantemente pianificato e finanziato, ma mai iniziato.
Il promontorio sovrastante la zona di Piano Gallo è di proprietà della Regione Siciliana e, in alcune parti, sembrerebbe appartenere al Comune di Palermo; nonostante i passati monitoraggi dei sassi pericolanti (fra i quali anche quello che è caduto), che sono stati anche numerati in rosso qualche anno fa e che hanno fatto oggetto di un preciso progetto di “messa in sicurezza” dell’intero promontorio mediante posizionamento di una innovativa rete di protezione e specifico finanziamento già posto in essere, stiamo ancora a parlare di interventi “da fare“.
Se in tutta questa storia ci sono dei colpevoli, oltre al disgraziato deterioramento fisico del territorio, questi sono i proprietari del promontorio, non di certo gli abitanti del posto.
I soldi già accantonati per l’istallazione delle reti dove sono finiti? Perché non sono partiti i lavori URGENTISSIMI di messa in sicurezza e si è permesso che accadesse l’irreparabile?
Occorre subito venire a capo di questo “mistero”, invece di “sparare” sui proprietari delle case danneggiate.