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Le “riforme”, che lo stato italiano continua a varare in tema di istruzione a ogni nuova “incoronazione” di ministro del settore, si risolvono nella solita teatrale sceneggiata sugli esami di maturità.
Si aggiungono o si aboliscono materie di esame, si mettono o si levano i voti o i giudizi, si cambiano o si ripristinano le prove scritte, si lavora sui professori, sui “quizzoni” o i “quizzini” facendo impazzire milioni di studenti, famiglie e l’intera classe insegnante … per poi non toccare in alcun modo tutto il “resto della scuola”, proprio quello che invece necessita realmente di essere interamente riformato.
Sembra proprio che negli ultimi trent’anni a ogni nuovo ministro dell’istruzione, dopo essere stato collocato sul trono (magari senza alcuna competenza, magari senza alcuna adeguata preparazione), importi esclusivamente dare il proprio nome a una nuova “riforma della scuola“, anche se si tratta in realtà di un “rimpasto” successivo a quelli precedenti dei soli esami di maturità, “lavorando” peraltro non certamente nei contenuti, piuttosto nelle forme e modalità di realizzazione.
Siamo davanti a un ripetersi ciclico di una pagliacciata istituzionale mascherata da “riforma”, mentre andrebbero cambiati totalmente i programmi e i piani d’insegnamento fin dal primo anno della scuola dell’obbligo; è infatti scriteriato far studiare ancora la storia dei sumeri, degli ostrogoti o delle guerre puniche, tralasciando interamente, per esempio, la cronaca degli avvenimenti post-bellici (dalla seconda guerra mondiale in poi) che hanno caratterizzato oltre la metà del secolo scorso fino ai nostri giorni. E’ assurdo sottovalutare l’informatica, che dovrebbe diventare materia principale dell’insegnamento, considerando che è ormai strumento pressoché unico nella sfera di un qualsiasi lavoro si voglia intraprendere.
Andrebbe ripristinata l’educazione civica, visto l’elevato degrado collettivo cui è giunta la nostra società cosiddetta “civile”; si impongono ancora materie inutili e studi obsoleti che andrebbero invece immediatamente sostituiti con laboratori per l’apprendimento e l’affiancamento a specifici settori del lavoro che possano costituire, in prospettiva, future certezze per i giovani studenti di oggi.
E’ sciocco, ma anche estremamente pericoloso, mantenere obbligatoriamente in ambito scolastico, addirittura fino a sedici anni, tanti ragazzi senza interessarli minimamente all’oggetto dei loro studi; le recenti lamentele di insegnanti e professori, per il mancato rispetto nei loro confronti degli studenti e delle loro famiglie, è la diretta conseguenza di una scuola che non va a passo coi tempi.
Il mondo è cambiato e cambiare di continuo solo l’esame di maturità non vuol dire cambiare adeguatamente la scuola dell’obbligo.
Riformiamo come primo passo la mentalità dei politici che si alternano sul gradino più alto dell’istruzione e poi cerchiamo di mettere i “cervelli” giusti nei posti di comando (ma questo è un compito che il governo sino adesso non è stato in grado di svolgere, e non sappiamo se per incapacità dei suoi rappresentanti o per propria gattopardesca specifica volontà); solo dopo aver compiuto questi doverosi passi possiamo sperare che la scuola italiana possa essere realmente riformata, ma necessitano grande coraggio e massima determinazione, altrimenti mangiamo sempre la solita “minestra” riscaldata.
Sul quotidiano “La Stampa“, proprio oggi (20/4/2017), è stato pubblicato un articolo a firma Mattia Feltri (cliccate qui per leggerlo), che sostanzialmente manifesta segnali positivi in tal senso da parte dell’attuale ministro dell’istruzione Valeria Fedeli che, in un incontro con gli studenti toscani, sollecitata da un giovane rappresentante dell’ateneo, ha promesso di “interessarsi” a una eventuale modifica futura dei programmi in funzione dell’attualità che andrebbe a sostituire l’obsolescenza soprattutto di certa storia del passato.
Per quanto gli intenti del nostro ministro possano apparire favorevoli al cambiamento, è proprio la storia che ci continuano a insegnare a scuola che ci fa diffidare delle dichiarazioni dei politici; non saremo del tutto tranquilli finché qualcuno modificherà effettivamente i contenuti di ciò che si continua a insegnare da secoli nella scuola italiana, le esternazioni pubbliche sappiamo tutti che sono sempre improntate a demagogia e populismo (quello ruffiano dei politici si intende, non certamente all’accondiscendenza della volontà popolare), anche perché, proprio come si legge nello stesso articolo di Mattia Feltri, nelle teste di chi ci governa permane ancora il concetto che “la scuola non deve informare, bensì istruire” e quindi lo studio dei babilonesi e di Odino sarebbe funzionale alla comprensione del moderno Medio Oriente e del razzismo, come dire che gli eventi d’oggi non vanno spiegati e raccontati (quindi studiati) perché immediatamente riconducibili alla storia millenaria del passato remoto dell’umanità che continueremo a leggere sui libri di scuola “per omnia saecula saeculorum“.
Ma può essere che ci vogliono nascondere qualcosa? Che vogliano mettere il prosciutto “scaduto” sugli occhi dei nostri figli occultando loro la realtà contemporanea per mantenere basso il livello culturale della massa popolare? Forse sarà pure una delle solite “teorie del complotto“, ma sappiamo tutti che in ambito di gestione del potere è diffuso il concetto che “un popolo ignorante si governa meglio“.