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L’impact factor dell’intelligenza artificiale

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Sembra incredibile, uno scherzo bizzarro o una clamorosa bufala. E invece sta succedendo per davvero. E in fondo, almeno per chi sta seguendo gli ultimi sviluppi delle applicazioni dei programmi di intelligenza artificiale, c’era anche da aspettarselo: le prime pubblicazioni scientifiche scritte in collaborazione tra un ricercatore umano e una Intelligenza Artificiale.
Che ChatGPT, il più conosciuto e diffuso programma di AI disponibile al pubblico, diventi coautore di un lavoro scientifico è l’esito della naturale evoluzione di questi programmi e delinea – plasticamente – un orizzonte dì possibilità insieme affascinante e inquietante.
La sensazione è che la dottoressa Siobhan O’Connor, senior lecturer dell’Universita’ di Manchester, tenendo per mano ChatGPT (mi auguro che non sia avvenuto il contrario…) abbia varcato una soglia dalla quale non si torna più indietro.
Una delle tante infinite soglie che nelle prossime settimane, mesi ed anni, verranno oltrepassate di continuo dai progressivi avanzamenti delle possibilità elaborative, cognitive, artistiche, matematiche, filosofiche, forse (chi lo sa) anche etiche e religiose dell’AI.
Sorgono molte domande, e molte di queste sono senza risposta. Ma la possibilità di utilizzare al meglio l’AI ed evitare inattese quanto disastrose derive post-umane, credo che dipenda proprio dalla quantità e appropriatezza degli interrogativi che riusciremo a porci oggi e dalle questioni critiche che saremo in grado di immaginare, e magari di prevenire.
Possiamo però essere già sicuri che da domani i percorsi relativi all’istruzione (per altro tema della pubblicazione) alla formazione, alla ricerca scientifica e persino alla creazione artistica – letteraria, musicale, pittorica, architettonica – non saranno più quelli di prima. E stanno velocemente transitando dalla fantascienza al reale – almeno come possibilità futuribile verosimile – tutta una serie di situazioni non più solo frutto dell’immaginazione o della fantasia letteraria; qualche esempio? Premio Nobel ad una AI per una straordinaria scoperta scientifica o per una sublime opera di letteratura. Abilitazione scientifica nazionale per una AI e successiva vincita di un concorso per professore ordinario in una qualsiasi disciplina umanistica o scientifica, surclassando gli altri candidati, naturalmente umani. Premio Oscar per un film magistralmente diretto, scritto e sceneggiato da un AI. Ci eviteremmo volentieri – ma non credo si possa minimamente escludere – il possibile rilievo prossimo venturo che una AI ha capacità di allevare ed educare i bambini molto più elevate di quelle dei loro genitori (che alla luce della generale regressione delle competenze genitoriali non appare poi evenienza così remota).
E, a proposito di interrogativi, io uno ce l’avrei. Dobbiamo sin da adesso accettare che l’intelligenza umana venga sempre più protesizzata e avvizzita da quella artificiale, fino ad esserne completamente sostituita e resa superflua e irrilevante, oppure troveremo strategie (magari con l’aiuto della stessa AI…) per ibridare l’umano e l’artificiale, di modo da stimolare e arricchire sempre più la nostra mente e la nostra esperienza, valorizzando le dimensioni fondative dell’umano come l’etica e l’empatia?
Come si suol dire: ai posteri l’ardua sentenza, ma se chiedete a ChatGPT una frase meno scontata, state pur certi che troverà molto di meglio!

Autore dell'articolo: Daniele La Barbera

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