Nel programma Rai “1 Mattina” del 17 novembre 2015, lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet, ospite della trasmissione, ha finalmente espresso un concetto che sino ad oggi non avevamo mai sentito in tv a proposito delle “idee” che “ispirano” il fantomatico stato islamico in questa sua folle azione contro l’occidente.
Crepet in sostanza ha criticato qualcosa che viene fuori di continuo dai servizi giornalistici che i media mandano in onda incessantemente dallo scorso tragico venerdì parigino: “l’arguzia” e “l’ingegno” dei terroristi nel pianificare i loro massacri.
Lo psichiatra ha detto a chiare lettere che la violenza non è mai intelligente, anzi è esattamente il contrario. Agire in preda ai più sordidi istinti di predominio e odio, imbracciando le armi o sfruttando il potere distruttivo degli esplosivi è, in fondo, la più stupida e gratuita delle attività. Tutta l’intelligenza sta nei fucili e nelle bombe, non certo nell’esercitare la forza bruta con il loro ausilio.
Il concetto di Crepet ci è piaciuto molto e comunque è stato spesso argomento di molti nostri articoli. Il generare piani “strategici” per uccidere più persone possibili può essere solo dimostrazione di capacità organizzativa, che può valere quanto quella di un gruppetto di formiche, che in natura sono un grande esempio di coordinamento sociale. L’intelligenza è tutt’altra cosa.
Purtroppo però da quest’orecchio i media non ci sentono; rileviamo spessissimo giornalisti, o pseudo tali, lanciarsi in forme di apologia involontaria nei riguardi degli scriteriati assassini, che di questi tempi riempiono le pagine della cronaca. Spesso si parla, per esempio, di “killer professionisti“, come se esistesse ufficialmente la professione di “omicida a pagamento” con tanto di albo professionale e magari esami di Stato da superare per avere la “licenza di uccidere” come quella di James Bond. Si descrivono i peggiori criminali come “geni del male”, i capi clan come “potenti boss della mala”, insomma si concede un carisma da superuomini a scadenti personaggi, incapaci di imporsi nella società con strumenti diversi dalle armi, l’intrallazzo, l’esplosivo e la sottomessa cooperazione di altri individui della stessa specie. Lo stesso vale quindi anche per i terroristi.
Prima di commentare pubblicamente certi eventi delittuosi, i giornalisti dovrebbero imparare ad usare i termini giusti; rischiano infatti, magari senza volerlo, di “mitizzare” altrettanto stupidamente certi protagonisti della cronaca nera che meritano il pubblico ludibrio piuttosto che il soffuso “elogio” mediatico.
Chi ammazza è solo un assassino, e basta.