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La banalità diventa regola

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Quantità immense di foto, video, immagini di opere pittoriche, aforismi, spesso retorici e ridondanti, vengono postati giornalmente in un turbinio pirotecnico di dati informatici che “dura” meno di un giorno, se non persino poche ore. 
Poi tutto viene fagocitato dagli archivi dei social network in funzione delle varie date e ore di pubblicazione; tutto va in coda, su fondo pagina, dentro i tasti degli anni precedenti, in un enorme guazzabuglio che fa sparire “tutto“, pur mantenendolo in una sorta di “coma farmacologico” nei bassifondi virtuali dei social network.

Non parliamo poi degli “eventi“, tutto ciò che implica coinvolgimento dei gruppi di amici, magari per festeggiare un semplicissimo compleanno, o per celebrare la vittoria in un torneo di burraco, viene trasformato in “EVENTO“.

Prima un “evento” era una circostanza attesa e auspicata sia dai relativi protagonisti, sia da folte schiere di pubblico; oggi viene invece banalizzato e annichilito da una serie infinita di iniziative personali di dubbio interesse popolare e di discutibile qualità.

Diventa evento (scusate il gioco di parole) persino la caduta del primo dentino di nostro figlio, certamente un momento storico per noi genitori, ma di sicuro non il più importante degli appuntamenti mondani per lo zio della cognata del consuocero del nostro panettiere di fiducia, anche se risulta nell’elenco dei nostri “amici” fin da quando ci siamo registrati per la prima volta su Facebook.

Ogni evento sparisce nel pubblico oblio già il giorno stesso della sua inaugurazione, spazzato via dal “vento elettronico” dei massicci flussi informatici successivi … e forse, chissà, proprio per questo viene chiamato “e-vento”.

I social, con i loro automatismi e i loro “canti da sirene”, ci stanno “massacrando” la personalità, illudendoci di essere sempre grandissimi protagonisti della vita pubblica, mantenendo invece pressoché inalterati i nostri rapporti sociali, “conquistati” nella realtà senza l’uso del pc.

Per utilizzarli dunque nel migliore dei modi e per esaltarne la indubbia valenza, dovremmo considerarci meno “protagonisti” e più disponibili ad appartenere a una comunità, accantonando possibilmente l’inconfessato desiderio egocentristico e autoreferenziale di essere al centro dell’attenzione di tuttinei social network non servono né i leader né i capitani di ventura, almeno lì, conta solamente il popolo, la comunità nella sua interezza.

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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