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Futil Art

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Girando sui social, in merito all’attuale situazione dell’arte nella nostra città, leggo post e relativi commenti che farebbero cadere le braccia perfino al più muscoloso fra i palestrati.
 
E’ una delle cause per cui, pur continuando a dipingere, ho deciso di non mostrare più a nessuno quello che produco; l’altro motivo è l’acclarata inutilità di “esporsi” a una platea che ogni giorno diventa sempre più ristretta e disinteressata, appassionata com’è alle nuove tecnologie (video art, video mapping, arte digitale, street art, body painting, videoperformance, installazioni, multimedialità ecc. ecc.) che purtroppo stanno rendendo inevitabilmente alquanto “insipido” l’antico piacere di gustare le mostre dell’arte figurativa tradizionale.
 
Questa lenta agonia del vecchio concetto di arte, nonostante risulti quasi inspiegabile l’attuale preferenza per opere effimere che nascono e spariscono magari anche nell’arco di qualche ora, non viene però minimamente percepita dagli “artisti” che continuano a lavorare nel settore come se nulla fosse accaduto nel frattempo.
 
Tanti operatori continuano a postare i loro lavori sui social nella speranza di ricevere qualche like che possa ravvivare la fiammella di una passione artistica coltivata per una vita ma ridotta ormai a un lumicino da un irrefrenabile cambiamento sociale e da eventi globali che hanno stravolto sia i rapporti interpersonali, sia gli interessi della comunità, sia la stessa antica voglia, una volta presente in ognuno di noi, di spendere qualcosa per acquisire anche solo un briciolo dello spirito artistico di qualcun altro che ritenevamo dotato di talento.
 
Oggi non si compra più un quadro se non per la mera illusione che possa ancora risultare in futuro un buon investimento finanziario, quindi niente più opere di artisti nuovi o emergenti, ma solo grandi firme storicamente consolidate, e in certi casi neanche quelle, in seguito alle migliaia di truffe cui ormai siamo soggetti tutti, con lo Stato che quasi sempre assiste inerme.
 
Le mostre collettive di pittori poco noti vanno praticamente deserte e sono frequentate solo dagli artisti partecipanti e da qualche loro familiare; sono finiti i tempi in cui alle inaugurazioni, specialmente nelle grandi location istituzionali, si presentavano migliaia di visitatori (estranei all’organizzazioni degli eventi si intende).
 
Quindi perché accapigliarsi sui social per le critiche negative sulla qualità artistica delle opere postate?
Perché continuare a vantare la presenza in mastodontiche collettive “a pagamento” senza alcun valore aggiunto o l’acquisizione di futili “premi” il cui reale valore è tutto da dimostrare?
Perché intestardirsi a esporre su Facebook i propri lavori “pretendendo” solo complimenti e lodi che ovviamente lasciano il tempo che trovano, reagendo magari anche in malo modo alla prima osservazione negativa che arriva da qualche contestatore che, a sua volta, si arroga la capacità di oggettivo giudizio super partes.
Un pollaio! I social diventano così un pollaio di inutili e irripetibili schiamazzi; meglio mantenere i “profili bassi“, così facendo potremmo forse dare una mano alla vecchia arte figurativa per risollevarsi dal pantano in cui è sprofondata.

 
immagine in alto: Lucio Fontana – “Attese” – 1968

Autore dell'articolo: Sergio Figuccia

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