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Facile, semplice, immediato.
Così funziona abitualmente il Selfymondo, ma la vita – e il palcoscenico dove si svolge, che chiamiamo realtà – di norma sono difficili, complicate, e richiedono tempo e pazienza.
In effetti, uno dei rischi più importanti e nascosti della vita nel Selfymondo è senza dubbio quello dell’eccesso di semplificazione della vita stessa, le sue relazioni, i suoi problemi, i suoi significati, i suoi concetti, le sue parole; e contemporaneamente, anche la realtà e la sua tremenda e inafferrabile complessità rischiano di essere derubricate secondo la prospettiva della semplicità. Si tratta di un orientamento molto diffuso nelle sottoculture di massa promosse dalla Rete e che interessa quasi ogni campo del sapere e della società, dalla medicina ai grandi temi politici ed economici. Con molta probabilità è proprio a causa di questa spiccata e diffusa tendenza a riguardare in modo parziale sotto la specie della semplicità questioni complesse ed articolate, che nel Selfymondo le prese di posizione e i relativi contrasti, non raramente violenti, non avvengono mai per pareri o punti di vista espressi con la mitezza di chi si sforza di cogliere la densa problematicità dei fenomeni complessi, o col beneficio di un ragionevole dubbio, ma con la certezza assoluta e aggressiva di chi è totalmente sicuro di dominare una questione, anche difficile e sfaccettata, e averne la verità piena, chiavi in mano.
Eppure, l’idea stessa che noi esistiamo all’interno di una dimensione cosmica che si estende non sappiamo quanto, non sappiamo come, e che di questo universo sostanzialmente inconoscibile possiamo solo afferrare piccoli frammenti a noi vicini e qualche approssimativa modalità del suo funzionamento, dovrebbe farci intendere che il nostro sfondo esistenziale e tutto quello che sta attorno alla nostra vita non è facilmente semplificabile. Così come non lo è ciò che sta alla base stessa della vita, e cioè la sua organizzazione genetica che poggia su una mirabile e straordinaria complessità, che appare non rilasciare mai del tutto i suoi misteri, nonostante le tante scoperte che i ricercatori hanno fatto in questo campo. Le dimensioni estreme, dentro di noi e fuori di noi, l’infinitamente piccolo così come l’infinitamente grande, appaiono come un monito continuo a professare la propria umiltà rispetto alla fitta trama di enigmi che intesse tutte le possibili declinazioni del nostro esistere: fisica, biologica, psichica, sociale, spirituale, cosmica. Tutto ciò può farci intendere la ragione per la quale le spinte alla semplificazione che attraversano molti ambiti della società e della cultura di massa contemporanee, e che trovano un’estesa e privilegiata applicazione nelle dinamiche del Selfymondo, tendono a fornirci una visione parziale e falsata della realtà. Oltre a indurci, illusoriamente quanto pericolosamente, a ritenere che se questa stessa realtà si offre a noi senza resistenze, né impedimenti, né attriti di ordine cognitivo, ermeneutico, filosofico o scientifico, nessun particolare impegno è a noi richiesto per penetrare nel cuore delle conoscenze e per raggiungere minuscoli seppure significativi elementi di verità. E se le cose di cui possiamo discutere nel Selfymondo appaiono semplici e scontate (come oggi molto spesso anche gli slogan dei politici ci lasciano intendere) allora difenderemo la nostra pseudoverità in modo tassativo e perentorio e cercheremo di imporla in modo ostile ed arrogante come l’unica certezza possibile: poche righe, due-tre concetti appena accennati, e il gioco è fatto: la nostra post-verità è lanciata in rete in attesa di consensi. Il Selfymondo, che è uno dei principali elementi di riduzione estrema della complessità della vita post-moderna, diviene quindi anche il luogo dove tale riduzione viene messa al servizio di un’aggressiva ipertrofia dell’Io, che di semplificazioni si nutre per sclerotizzarle nella sua assertività, di modo che, più ignoriamo la complessità delle cose, più la nostra ignoranza ci da’ la sicurezza di padroneggiare conoscenze indubitabili. Inutile dire che le modalità aggregative e consociative, e le risonanze identitarie e imitative che il Selfymondo promuove facilitano enormemente tali processi. Le cui voragini di senso impediscono di cogliere una cogente e illuminante evidenza: più la scienza e la tecnologia si sviluppano e conquistano sempre ulteriori conoscenze, più cogliamo con sgomento e meraviglia la profondità della nostra ignoranza; più esploriamo l’universo conosciuto, più veniamo colti dall’inquietudine e dal fascino degli infiniti universi inconoscibili.