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Il potere del Selfymondo

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Il potere del Selfymondo e la solitudine degli adolescenti.
Un paio di decenni sono bastati agli spazi digitali per imporsi come dimensione del reale e campo di esperienza di notevolissima – e progressivamente crescente – rilevanza.
Tante cose oggi si possono fare solo nel selfymondo, tante cose si possono fare solo tramite il selfymondo, tante cose si possono fare solo da che esiste e si è evoluto il selfymondo.
Il selfymondo è sempre più parte della realtà. Il selfymondo modifica sempre di più la realtà, e anche il nostro modo di sperimentarla. Nuove categorie umane e professionali – digital media manager, web master, influencer, big data manager, digital media analyst, digital video editor, solo per fare degli esempi – popolano sempre più densamente questi territori, come conseguenza di una nuova frontiera che si spinge sempre più oltre e richiama investimenti sempre più colossali.
Inutile dire che non è per niente facile descrivere quali effetti sta avendo sugli esseri umani la rapida trasmigrazione di dati, servizi, contenuti, persone ed esperienze nel selfymondo, visto che si tratta di cambiamenti troppo profondi e troppo veloci per potere essere descritti in modo sintetico e univoco. E chiunque di noi potrebbe fare numerosi esempi di segno diametralmente opposto su rischi e opportunità, su conseguenze tossiche e dannose o su effetti arricchenti ed evolutivi, su spinte disumanizzanti e regressive, o su stimoli efficaci per lo sviluppo di conoscenza e la crescita umana.
Quello che senza alcun dubbio può essere espresso con certezza riguarda invece il potere straordinario che le dinamiche e i processi dei nuovi mondi digitali esercitano sulla nostra mente e sulle nostre vite.
Una piccola ma significativa prova di questa potenza, a volte incontrollabile e spesso imprevedibile, è rappresentata dalla storia di Potes, un ragazzo barese che posta un video su Tik Tok cantando della sua solitudine e di quella dei ragazzi della sua generazione, che possono connettersi con chiunque in qualunque parte del mondo ma poi sono costretti ad uscire da soli per le strade del mondo “reale”. In brevissimo tempo il suo appello diviene virale, cumula oltre 300.000 visualizzazioni e raccoglie migliaia di proposte di socializzazione. Molti di questi ragazzi che patiscono la solitudine si stanno organizzando per creare un evento per incontrarsi e conoscersi. Decine di migliaia di visualizzazioni anche sul post di un altro adolescente, Federico Gaetani di Colleferro in provincia di Roma, sempre sul tema della solitudine che lui spiega con l’eccesso di soggiorno sui Social, definiti “luoghi di solitudine di massa”. Anche lui ha ottenuto un grande riscontro mediatico e in rete si trova anche qualche sua intervista sul topic.
Queste due brevi storie una cosa la dimostrano, che il Selfymondo, anche in modo paradossale, può restituirti quello che ti può togliere, e che se vissuto con emozioni e intelligenza può ricreare occasioni di incontro e condivisione e può ri-animare le connessioni virtuali trasformandole in legami e relazioni affettive.
Ma quanti ragazzi, meno fortunati di Potes e Federico, oggi non riescono a trovare né opportunità, né alcuna soluzione creativa per uscire dalle loro bolle digitali, e vivono con dolore e tristezza la loro finta socialità nel Selfymondo?

Autore dell'articolo: Daniele La Barbera

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