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Aspettando il primo miracolo

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Se Dio vuole, queste incredibili Berlusconiadi, che ci hanno pressoché obbligato a una totale e continuativa full immersion nelle vita e nelle opere del beato, prima o poi dovranno finire.
Tutto quello che è accaduto dopo la sua morte porta lo stesso identico segno di tutto quello che è successo prima: esagerato, eccessivo, grandioso, sopra le righe e fuori dal seminato.
La morte va però rispettata e anche la vita, nel senso che un personaggio capace di dividere in maniera nettissima una nazione, e quindi di favorire polarizzazioni ed estremizzazioni di giudizio, andrebbe riguardato con il massimo possibile di equilibrio ed equanimità, sia dagli estimatori che dagli oppositori; operazione indubbiamente difficile quando un soggetto, oltre che personaggio pubblico di enorme popolarità, evoca anche un’ampia e complessiva visione del mondo e un intero sistema di valori (o disvalori): il che vuol dire un articolato intreccio di potenti identificazioni o controidentificazioni.
Mi è capitato di incrociarlo una volta nella vita; mi trovavo al Lingotto di Torino, non ricordo per cosa e lui, che era lì attorniato da un inevitabile nugolo di persone non ricordo per cosa, a un certo punto mi è passato vicino; per qualche attimo il suo sguardo ha incontrato il mio e ricordo con precisione l’energia avvertibile in quel contatto che dava uno strano sentore di intenzionalità a un fatto evidentemente casuale.
Ma in quel particolare e intenso magnetismo che mi è sembrato di percepire credo che ci sia un piccolo barlume della particolarità del personaggio, capace di muoversi con disinvoltura (troppa) tra spettacolo, sport, editoria, imprenditoria, affari, politica, mafia e diplomazia internazionale e di generare sempre, in ciascuno di questi settori, fortissime relazioni di fidelizzazione e di appartenenza.
Un personaggio creativo ed eccessivo, potente e spudorato, seduttore e manipolatore, carismatico e buffonesco, istrionico e millantatore, corruttore e frodatore, ma anche esageratamente generoso come solo i narcisisti sanno esserlo e, a suo modo, simpatico, a volte anche a chi, come me, lo ha prevalentemente detestato. Un personaggio sicuramente talentuoso e sfaccettato, che non ha rinunciato a nessun mezzo per raggiungere i suoi fini di successo, potere, ricchezza, che ha avuto la straordinaria capacità di costruire un impero, che spazia tra una quantità infinita di ambiti e di attività diverse, spesso cogliendo in anticipo e con notevole intuizione i cambiamenti culturali e sociali. Ce n’è abbastanza perché milioni di persone lo adorino e ne pratichino uno smodato culto della personalità, degno del dittatore di un regime asiatico totalitario… Come d’altro canto si addice a chi ha inventato di sana pianta una nuova forma di soggetto politico sconosciuto in tutto l’Occidente: il partito-azienda personale, dispoticamente autocentrato, che quasi dà la sensazione di potere gestire anche da defunto.
Cio’ che a queste folte schiere di estimatori totali e pervicaci rimane ampiamente oscura è invece la complessiva azione di danneggiamento spirituale (sì, spirituale) che il berlusconismo ha potentemente e diffusamente determinato, promuovendo una visione del mondo e una scala di valori centrate sul più bieco materialismo, una sorta di narci-capitalismo disvaloriale e amorale nel quale il confine tra il lecito e l’illecito, l’opportuno e l’inopportuno, sia negli affari, che nella politica, che nella vita privata, tende a svanire del tutto; giustificando, con un’equivoca pretesa di libertà, qualunque sforamento di regole, limiti, leggi, criteri di decenza. La conseguenza di questa riscrittura regressiva della realtà umana e del contratto sociale, nella quale il potere economico diviene l’unico fattore di organizzazione e di regolazione delle relazioni interpersonali e del funzionamento sociale, e’ che ogni cosa, di qualunque natura, può essere oggetto di compra-vendita, compreso il sesso, il corpo di una donna o anche, eventualmente, il suo silenzio.
Tutto questo ha provocato un’aberrazione inflattiva dell’immaginario collettivo e una corruzione delle coscienze, le cui conseguenze nefaste sono e saranno difficili da comprendere e valutare. Anche per la grande potenza di fuoco mediatica che ha avuto a disposizione per plasmare gusti, preferenze e attitudini di milioni di soggetti. Che oggi si riconoscono appieno nei funerali di stato, nel lutto nazionale, nel blocco dei lavori del Parlamento per una settimana, dimenticando che non è morto un Papa, e neanche un Padre della patria – ai quali, in caso di morte, per la verità viene tributato meno clamore mediatico e più misurate attenzioni governative – ma soltanto un “papi”, un grande “papi”.
 
 
 

Autore dell'articolo: Daniele La Barbera

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