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Di cosa parliamo quando parliamo di bellezza, ovvero: Chirurgia estetica ed Etica dell’estetica.
La tragedia inaudita della giovane Margaret suscita – oltre a sentimenti molto dolorosi – parecchie riflessioni.
Prima di tutto la sensazione forte che dovremmo riuscire a favorire un cambiamento culturale che faccia passare l’idea che la bellezza e’ anche naturalezza e che la naturalezza può comprendere qualche piccola imperfezione; il che significa che anche la bellezza può prevedere l’imperfezione e l’imperfezione può fare parte della bellezza.
Sono rimasto incredulo e sbigottito quando ho scoperto che e’ sempre più frequente nelle classi più abbienti che le ragazze, al compimento del diciottesimo anno, chiedano come regalo di compleanno un intervento chi chirurgia estetica (spesso la rinoplastica).
Cominciare a utilizzare la chirurgia estetica a 18 anni per piccoli – o presunti – difetti estetici significa che da quel momento in poi si affida al bisturi la propria immagine e il proprio volto per il resto della vita. Questo primato dell’immagine può anche voler dire che si da più importanza alla superficie che alla profondità, all’apparenza che alla sostanza. Perfettamente in coerenza con il sempre più potente tenore narcisistico di una società ipervisuale, che sospinge alla ricerca della perfezione della propria immagine, e con l’incapacità di tollerare o accettare qualche trascurabile difetto, svelando la fragilità e la precarietà dei processi di costruzione dell’autostima e la tendenza ad affidarsi in maniera preponderante alla propria immagine per riscuotere successo.
In questi processi che orientano in modo sempre più stringente la psiche individuale e collettiva non si può trascurare il ruolo dei Social come fattori di potenziamento di trend, accentuando il bisogno di omologarsi attraverso un confronto serrato tra pari. Se i media tradizionali come la Televisione – o media verticali – dettano i modelli, i Social – cioè i media orizzontali – li massificano e li impongono attraverso l’ansia da emulazione e attraverso l’ipervisibilita’ dei corpi e dei volti che accentua il bisogno di bellezza dimostrabile e vetrinizzabile.
Quindi e’ il combinato disposto di due modalità comunicative che rende per molti giovani sempre più pressante l’esigenza di perfezionare e ritoccare il viso o il corpo. Così come, ancora di nuovo, ai Social e’ prevalentemente imputabile quella ulteriore deriva della chirurgia estetica in direzione mimetica, emulativa e identificativa nei confronti di personaggi del mondo dello spettacolo o dello sport.
Al di la’ di questi aspetti estremi e devianti, a volte radicati su franche patologie della personalità o su disturbi di tipo ossessivo e dismorfofobico, credo che al comprensibile diritto di acquisire piu’ fiducia, sicurezza e autostima attraverso un intervento di chirurgia estetica volto a correggere dei difetti fisici, andrebbe affiancata in ogni caso una preventiva consulenza psicologica per valutare le motivazioni in gioco e l’indicazione all’ intervento.
Mi chiedo infine, in un modo che riconosco poco ancorato ai prevalenti contesti culturali e valoriali della contemporaneità, quanto migliorerebbe la nostra società se anziché affidarci al bisturi e al botulino scegliessimo di migliorare il nostro modo di essere – anziché il nostro modo di apparire – affidandoci agli psicologi o ai filosofi. E se anziché enfatizzare l’immagine dei nostri corpi esponendoli variamente sulle piattaforme mediatiche e spettacolizzandoli in modo esasperato, iniziassimo ad avere più cura del nostro ambiente interno, delle nostre qualità interiori, della bellezza ineffabile della nostra anima.